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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2014 alle ore 07:57.
L'ultima modifica è del 24 gennaio 2014 alle ore 08:26.

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Il nuovo governo tedesco si trova ad affrontare una serie di sfide, non solo per quanto concerne la politica interna o l'euro. Richiedono infatti interventi anche gli squilibri derivanti dall'elevato eccesso di export, che a lungo termine può rivelarsi dannoso. Angela Merkel ha concluso felicemente la formazione del suo nuovo governo, ma dopo la pausa, dovuta alla campagna elettorale, tornano ora sul tavolo di lavoro le sfide della Realpolitik. Oltre alle necessarie riforme di politica interna, l'impegno tedesco nella politica europea e sul fronte dell'euro sarà di nuovo oggetto di lavoro tedesco. Il nuovo governo tedesco si dovrà confrontare inoltre con un altro tema: il surplus commerciale tedesco, che sta diventando sempre più oggetto di critica.

Oltre alla Commissione europea anche il Fondo monetario internazionale e il Ministero delle Finanze americano hanno infatti manifestato preoccupazione per lo squilibrio tedesco tra importazioni ed esportazioni. Nel 2012 le esportazioni costituivano il 43% del prodotto interno lordo della Germania. L'eccedenza della bilancia delle partite correnti si aggirava intorno ai 170 miliardi di euro - pari al 6,4% del Pil. Nel primo semestre del 2013 il surplus ha superato addirittura il 7% del Pil. Dal 1952 la Germania ha sempre più esportato che importato. Ma mentre le eccedenze si aggiravano sempre tra l'1, il 2 o al massimo il 4% del Pil, dal 2000 il loro valore ha superato il 6%, stabilizzandosi a quel livello. È forse questo il risultato di una maggiore competitività? O c'è qualcosa che non va nell'azienda Germania?

Il surplus tedesco della bilancia delle partite correnti viene realizzato attualmente soprattutto al di fuori dell'Eurozona o dell'Unione Europea: in Asia, nell'Europa orientale e negli Usa. Tale eccedenza non danneggia quindi direttamente la stabilità dell'eurozona. Tuttavia la debolezza delle importazioni della Germania, abbinata alla forza delle sue esportazioni, mantiene alto il cambio dell'euro; e ciò mette a dura prova le esportazioni e la crescita di altri paesi dell'eurozona. La Commissione europea ha pertanto discusso sull'introduzione di un tetto massimo per il surplus commerciale pari al 6% del Pil. Se un paese, soprattutto un'importante economia nazionale come quelle tedesca, dovesse superare questo limite, gli squilibri metterebbero a rischio la stabilità, così come la violazione dei criteri di Maastricht mettono a rischio le finanze statali.

Cosa fare allora? Di recente il governatore della banca centrale francese, Christian Noyer, ha giustamente osservato che la Germania non deve mettere in gioco i suoi vantaggi competitivi, perché tutta l'eurozona ne subirebbe le conseguenze. Si tratta quindi di potenziare i consumi interni e gli investimenti tedeschi, senza danneggiare le nostre esportazioni, giacché gli squilibri possono nascondere pericoli anche per la stessa Germania: i crediti nei confronti dell'estero, che vengono accumulati attraverso le eccedenze delle esportazioni tedesche, comportano elevati rischi di perdita - vedi il condono del debito della Grecia. L'Istituto tedesco per la ricerca economica ha calcolato che i tedeschi dal 1999 hanno accumulato perdite per 400 miliardi di euro per via dei crediti esteri. Naturalmente non ci si può appostare ai confini per bloccare le esportazioni. Poco successo promettono anche gli appelli ai tedeschi a consumare di più, soprattutto prodotti stranieri. Tuttavia il governo di Angela Merkel può fare qualcosa per generare crescita, creare posti di lavoro e rafforzare domanda e investimenti interni.

Infatti la Germania investe troppo poco. Il freno al debito pubblico, per quanto sia giustificato, blocca purtroppo gli investimenti pubblici. La svolta energetica crea insicurezza e un clima sfavorevole agli investimenti sul mercato energetico. Il blocco degli affitti bloccherà anche gli investimenti nel settore edilizio. Inoltre l'eccessiva regolamentazione delle infrastrutture non favorisce gli investimenti. Bisogna quindi liberalizzare il mercato delle infrastrutture e creare un clima favorevole ad investimenti privati, applicando regole che incoraggino la concorrenza, attirino gli investitori e offrano sicure condizioni generali. Inoltre il governo potrebbe anche ridurre gli ostacoli burocratici per nuovi imprenditori e promuovere partecipazioni al capitale di rischio (venture capital). Contemporaneamente, con moderazione e nell'ambito dell'autonomia tariffaria, si potrebbe riflettere sulla possibilità di alzare il livello generale degli stipendi e di migliorare ulteriormente le opportunità di occupazione per le donne. Tutto questo farebbe crescere la domanda interna e gli investimenti e porterebbe quindi alla riduzione delle eccedenze commerciali tedesche.

Mario Draghi ha giustamente osservato che la soluzione al problema delle eccedenze di esportazione non può essere quella di rendere più debole la Germania, perché «non si rafforza il più debole indebolendo il più forte». Ha inoltre, giustamente, invitato gli altri Stati a migliorare la propria competitività, al fine di raggiungere il livello della Germania. Ma anche la Germania dovrebbe fare qualcosa contro gli squilibri, a lungo andare pericolosi. Nel proprio interesse e senza danneggiare le sue esportazioni.

L'autore è fondatore e presidente onorario della Roland Berger strategy consultants

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