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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2014 alle ore 08:31.
L'ultima modifica è del 17 febbraio 2014 alle ore 09:04.

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Il 31% del personale del pubblico impiego lavora a vario titolo per la scuola. Su un totale di 3,23 milioni di dipendenti, oltre un milione è utilizzato come insegnante o personale tecnico-amministrativo (dati Mef-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, riferiti al 31 dicembre 2012). Quello della scuola è, dunque, il più grande comparto di contrattazione che ha come datore di lavoro lo Stato. Normale, dunque, che in tempi di spending review quello della scuola sia uno dei comparti più "gettonati" per possibili tagli alla spesa, solo che - come ricorda Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli - nella scuola non si annidano più i grandi sprechi che hanno caratterizzato il recente passato». Soprattutto dopo le sforbiciate operate nel triennio 2008-2011 e decisi dalle "disposizioni in materia di organizzazione scolastica" della legge 133/2008. Insomma, «la scuola ha già dato». E a dimostrarlo è anche uno studio della stessa Fondazione Agnelli sull'«Evoluzione recente del personale scolastico».

Dall'analisi curata da Stefano Molina emerge chiaramente come nel periodo 2007-2012 scuola e università siano state le realtà più "visitate" dalle politiche di spending review decise dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni: il personale dipendente è sceso rispettivamente del 10,9 e del 9,4%, quasi del doppio rispetto alla media del pubblico impiego (-5,6%) e ancor più rispetto a settori come Ssn (-1,3%) o forze armate (-2,3%).
Un taglio che ha colpito in modo pesante il personale docente. A fronte di una stazionarietà della popolazione scolastica iscritta alla scuola statale, nel quinquennio 2007/08-2012/13 gli insegnanti sono diminuiti di nove punti percentuali (da 843mila a 766mila unità). Un dimagrimento, dunque, notevole del corpo docente italiano, che rimane in ogni caso fra i più "nutriti" a livello mondiale, almeno per quanto riguarda il rapporto studenti/insegnanti: l'Italia (fonte: Education at a Glance, 2013) è sotto i livelli Ocse (e ancora più lontana rispetto a Paesi come Germania, Francia o Inghilterra) sia per quanto riguarda la scuola elementare (11,7 studenti per docente contro una media di 15,4) sia relativamente a medie (11,5 contro 13,3) e superiori. Eccetto quella dell'infanzia (+1%), tagli del 10% hanno colpito indistintamente ogni ordine di scuola, penalizzando più i contratti a tempo determinato (-25%) che quelli a tempo indeterminato (-6%). Si è scelto, cioè, di far pesare i tagli sulle giovani leve. Una decisione che rischia di avere conseguenze negative nel lungo periodo: secondo recenti dati Ocse, ad avere più di 50 anni è il 47,6% dei docenti della scuola primaria, il 61% di quella secondaria inferiore e il 62,5% di quella superiore.

Questa razionalizzazione non ha comportato una maggiore efficienza del sistema scolastico. Secondo Gavosto, «le "forbici" ministeriali hanno prodotto solo risparmi di spesa per 8-9 miliardi. Le risorse risparmiate non sono state utilizzate per riorganizzare la scuola o per migliorare l'edilizia scolastica o ancora per dotarsi di nuove attrezzature tecnologiche». I tagli, insomma, non hanno portato a un miglioramento di produttività e di efficienza del sistema, come dimostrano gli ultimi dati Ocse-Pisa sull'apprendimento dei ragazzi: l'Italia fatica a rimuovere le criticità che zavorrano il sistema.

Una di queste riguarda il sistema nazionale di valutazione, che continua a restare solo sulla carta. Anche di questo si occupa il nuovo Rapporto sulla valutazione della scuola che la Fondazione presenterà il 19 febbraio a Roma. Un appuntamento importante anche perché - ha ricordato il presidente John Elkann - «l'Italia è l'unico Paese avanzato che non dispone di un sistema organico di valutazione delle scuole». Un sistema che dalla prossima primavera potrà contare su un nuovo portale messo a punto dalla Fondazione Agnelli, dove verranno pubblicati i risultati della nuova edizione della classifica delle scuole superiori italiane. Uno strumento accessibile a tutti, che darà un contributo informativo alla valutazione delle capacità di circa 4mila scuole superiori nella preparazione degli allievi agli studi universitari.

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