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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2014 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 13:58.
L'equità non è gratis
Lo strumento dovrebbe essere introdotto in tutto il Paese entro metà giugno. Un crescente numero di operatori del settore solleva, però, perplessità sul percorso attuativo, riferite a: 1) complessità gestionale del nuovo Indicatore; 2) tempistica prevista; 3) notevole impegno richiesto agli enti coinvolti (innanzitutto i Comuni). I dubbi, dunque, non riguardano le finalità dell'Isee, condivise dai più, bensì il suo impiego quotidiano.
Almeno nel contesto attuale, maggiore equità e semplificazione gestionale non sono due scopi raggiungibili congiuntamente: bisogna individuare una priorità. La scelta, giusta, di puntare sull'equità rende inevitabilmente l'Isee più impegnativo da gestire. Per cogliere meglio le reali condizioni delle persone, infatti, si debbono raccogliere ed esaminare più informazioni di prima.
Allo stesso modo, al fine di ridurre le numerose frodi compiute sinora viene molto ridotto lo spazio delle autodichiarazioni, ampiamente utilizzate a tal fine, a favore di interrogazioni coordinate degli archivi dell'Inps e dell'agenzia delle Entrate. Di nuovo, si tratta di una modalità complessa da mettere in atto, e gli esempi potrebbero continuare.
La sfida: supportare il territorio
Se sulla complessità dello strumento non è possibile agire, il Governo può assumere un ruolo fondamentale nel costruire condizioni che agevolino l'operatività dei soggetti impegnati nell'attuazione. È una sfida di rilievo, dato che il supporto del territorio rappresenta - da sempre - un'attività poco praticata dal livello centrale, scarsamente abituato a una funzione regolativa che vada oltre l'emanazione delle norme.
Sono diversi gli aspetti nei quali lo Stato può intervenire.
Per prima cosa, deve provvedere nel modo più efficace possibile ai passaggi che in base alla legge gli competono, a partire dalla predisposizione di una banca dati coordinata tra Inps e agenzia delle Entrate. Rispetto alla tempistica, la mole di adempimenti necessari consiglia di definire subito una tabella di marcia più realistica, accompagnata dall'impegno a non cambiarla più. Diversamente, si rischia di ripercorrere un iter già visto (fonte di inevitabili tensioni): si tiene duro su quanto annunciato sino a poco prima della scadenza, quando le lamentele - sempre più forti - provenienti dal territorio spingono a un rinvio dell'ultimo minuto. Inoltre, lo Stato deve fornire le informazioni necessarie ai soggetti a vario titolo toccati dalla riforma, come peraltro Guerra si era impegnata a fare. Per i cittadini coinvolti (il 30% del totale) occorre prevedere un'ampia campagna che spieghi loro che cosa cambia, mentre gli enti locali devono ricevere le informazioni utili a calcolare criteri di accesso e rette con il nuovo strumento. Infine, bisogna garantire ai territori le competenze indispensabili ad affrontare un cambiamento di tale portata. Lo Stato potrebbe organizzare, insieme alle Regioni, momenti formativi e di accompagnamento.
Il significato politico
Il dibattito sull'attuazione degli interventi nel welfare non scalda certo gli animi al pari di quello sui princìpi. Eppure questa fase costituisce sempre, non solo per l'Isee, un terreno decisivo di confronto politico tra i riformisti e i conservatori. Questi ultimi, infatti, utilizzano le difficoltà operative segnalate dai tecnici per sostenere l'impossibilità di innovare il sistema, anche quando - come in questo caso - non possono che condividere l'obiettivo di cambiamento. Sta al Governo Renzi dimostrare che in Italia è possibile tradurre nella pratica quotidiana riforme ambiziose.
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