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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2014 alle ore 13:57.
L'ultima modifica è del 23 marzo 2014 alle ore 14:26.

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Adesso basta. Qualcuno - Matteo Renzi? - dica basta, perché l'autonomia sarà cosa santa e giusta ovunque ma in Sicilia no, è un flagello e si trascina nel baratro l'Italia. Lì l'autonomia regionale, fonte di sprechi e burocrazia, è l'acqua che nutre l'arretratezza economica e sociale di un pezzo importante del Mediterraneo. Ed è la fogna in cui nuota la mafia.

Basta, dunque. È urgente, infatti, per come chiede da tempo Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, nominare un commissario dello Stato al posto del governo regionale di Rosario Crocetta; è fondamentale - per come reclama Antonello Montante, presidente di Confindustria in Sicilia - avere nell'Isola un Cottarelli che metta mano alla spesa e al bilancio: il default è in agguato ma, seguendo i passaggi di legittimità, è necessario abrogare lo Statuto speciale.
Basta, quindi. Lo Statuto sarà pur nella Costituzione, ma oggi, con la messa in discussione del capitolo V, questo privilegio, frutto dell'unica e vera trattativa Stato-Mafia, può essere tagliato con un colpo di penna. E un colpo di coraggio. Si lavora alla cancellazione del Senato e non si può estirpare dalla viva carne dell'Italia un obbrobrio come l'Autonomia regionale che serve solo ai parassiti che ne beneficiano?
Basta. Lo Statuto venne concesso dopo la stagione separatista, la cui punta armata non fu l'Ira, come in Irlanda, con arcangeli come Bobby Sands, ma l'Evis, l'Esercito volontario degli indipendentisti, fortemente inquinato dai mafiosi. Giusto quelli che avevano già collaudato la loro rapacità negli anni dell'Invasione anglo-americana vagheggiando con il boss Lucky Luciano la possibilità di offrirsi come «la 51ma stella degli Stati Uniti» e di fondare una nazione indipendente con il bandito Salvatore Giuliano - non un personaggio di fantasia, ma reale, pronto a proclamarsi luogotenente.

È un cammino torbido, quello dell'autonomia in Sicilia. Fu forse una chimera del riformismo, e persino suggestione rivoluzionaria, ma tanti autorevoli esponenti della sinistra, oggi, con la Fondazione Sturzo e il contributo di studiosi come Andrea Piraino e personalità quali Vito Riggio, presidente dell'Enac, già tra i protagonisti della stagione di rinnovamento della politica, hanno avviato un dibattito in direzione dello «smantellamento della regione». E ciò è reso ancor più utile della liquidazione dell'ente provincia, messa in atto da Rosario Crocetta, dove però, al netto dell'effetto propaganda, è rimasto il malinconico risultato di moltiplicare - tramite nomine fiduciarie, peraltro, e non elettive - il numero degli enti intermedi. Da 9 province, dunque, si è arrivati a 9 consorzi più tre città metropolitane. E siccome la legge prevede che per istituire un nuovo consorzio sia sufficiente raggiungere 180 mila abitanti su più Comuni confinanti, si calcola che i consorzi possano arrivare a essere più di 20.

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