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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2014 alle ore 13:57.
L'ultima modifica è del 23 marzo 2014 alle ore 14:26.

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È la fogna del potere, la Sicilia. In nessun posto come a Palermo il numero dei dipendenti pubblici lievita. A ogni legislatura corrisponde un'infornata di clienti. L'autonomia, in Sicilia, a eccezione dell'ufficio del commissario dello Stato (il cui potere è limitato alla verifica delle leggi regionali con la legittimità costituzionale) non ha strumenti di controllo. Carmelo Aronica, commissario dello Stato, ha bocciato 33 articoli su 50 dell'ultima finanziaria firmata da Crocetta, ma è una notizia che non ha turbato il già disastrato status quo di un mostro burocratico-politico in cui gli enti smangiasoldi, in liquidazione da più di trent'anni, sono la testimonianza di una catastrofe socio-economica. Catastrofe che diventa pittoresca con l'Ente minerario, che ebbe velleità di contrastare l'Eni; con l'Espi, l'ente di promozione industriale, sorto per fare concorrenza all'Iri; e infine con l'Irfis, banca regionale proiettata nell'empireo della finanza per dare filo da torcere a Mediobanca. Senza dimenticare le varie monadi clientelari, la più famosa delle quali è quella dell'elargizione stagionale ai forestali - gestiti dalla Regione. Ma ancor peggio, e ancor più fruttuosa sul piano clientelare, è la giostra della "formazione": un marchingegno attraverso il quale alcuni disoccupati trasformati in docenti "formano professionalmente" altri disoccupati destinati a diventare a propria volta "docenti" di nuovi disoccupati nel frattempo sopraggiunti, tutti foraggiati con i fondi racimolati nel mare delle sovvenzioni. E dei paradossi. È la prima industria di Sicilia, questa della formazione, la notizia in palla è quella della richiesta di arresto di Francantonio Genovese, esponente del Pd, renziano di lusso. E siccome l'assurdo vuole il suo nonsenso, l'assessore regionale incaricato, giusto per gradire, è una studentessa fuori corso. È una delle "madamine di governo" di cui si circonda Crocetta, digiune di politica e di amministrazioni ma efficaci, come nel caso di Lucia Borsellino, assessore alla Sanità, usata a far da scudo in virtù del nome a operazioni di manovalanza politica come per la clinica privata Humatas a cui fu dedicata una delibera siglata nottetempo, nella piena estate, delibera di ampliamento di posti letto poi revocata solo grazie alla rivelazione della stampa.

È anche il posto, la Sicilia, dove secondo l'Istat si leggono meno libri, ma questo è solo un dettaglio, anzi, un lapsus. Rivelatore. L'autonomia consente di amministrare uno dei patrimoni culturali più sontuosi e importanti al mondo ma la Sicilia, che potrebbe campare solo di turismo e cultura, resta il luogo della desolazione, con i suoi musei sempre deserti e i siti archeologici dove bisogna aver cura di non recarsi nei giorni festivi per non trovare chiuso. Certo, questo mio è un appello - a Renzi? - e come tale è esagerato, ma ogni esagerazione è sempre troppo poco per descrivere fedelmente lo stato di abbandono in cui versa una terra meravigliosa abitata letteralmente da fantasmi, con le città sempre più abbandonate, deserte. E su questo tema, sulla fuga dalla Sicilia, fa testo il reportage mandato in onda a Piazzapulita lunedì scorso.
Basta. Sono così tanti i guai, in Sicilia, che il guaio della mafia, persino quello, viene dopo. C'è anche l'impostura di una rivoluzione tanto attesa, quella di Crocetta, ma sempre affidata alla Procura. Tipico comiziante, l'attuale governatore, eletto grazie a un giochetto elettorale di Gianfranco Micciché (ebbene sì, sono cose di Sicilia), criminalizza i tanti problemi che non sa risolvere. Invece di governare, declama. E l'acqua gli va sempre al mulino con tutti i mafiosi che, intelligentissimi, nei suo momenti di difficoltà (quando gli viene meno la maggioranza, quando il capo dello Stato lo smentisce con un comunicato) vanno a recapitargli bossoli e proiettili per rafforzarlo come un Pokemon invincibile. Eroe dell'antimafia, Crocetta fa dell'antimafia un automatismo. Eroe, appunto, condivide però lo stratega della continuità di governo - cioè Beppe Lumia, Pd, il più professionista dei professionisti dell'antimafia - con il suo predecessore, Raffaele Lombardo, già condannato in primo grado in concorso esterno per mafia (ebbene sì, sono cose di Sicilia ) ma l'automatismo è più di un riflesso condizionato per cui chiunque sollevi una critica si ritrova bollato come "mafioso" o "omofobo", avendo egli fatto un jolly del proprio orientamento sessuale. E se per caso caccia Franco Battiato dalla giunta di Governo per sostituirlo con la propria segreteria (una cosa che neanche Gaspare Pisciotta avrebbe potuto immaginare), ebbene, l'impostura è così forte da non potere più dire basta. Non basta più.

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