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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2014 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 15 maggio 2014 alle ore 07:29.
Centinaia di milioni di euro di fondi europei che non verranno mai spesi. L'area urbana dell'ex Italsider che vale infinitamente di più e che da 30 anni è l'istantanea della desolazione. Un porto che potrebbe essere l'affaccio dell'Europa sul Mediterraneo e che, oltre a non avere da anni un presidente, non offre la possibilità di caricare un container su un convoglio ferroviario. Napoli non è solo un disastro, è di più: è un tesoro che viene ogni giorno buttato via. La più assurda dilapidazione di ricchezza del nostro Paese, forse d'Europa.
Tra le più straordinarie città per beni artistici e culturali, Napoli non riesce neppure a organizzare il "Forum delle culture" su cui tanto ha costruito la «sorella» Barcellona. Pompei è lì a un passo, e fa male solo parlarne. L'area di Bagnoli potrebbe garantire il Pil di un piccolo Stato, invece dopo mille progetti e mille conflitti resta una terra abbandonata. Interi quartieri storici, potenziali mecche del turismo, sono sotto il controllo dell'anti-Stato. Per non parlare delle potenzialità produttive non sfruttate del porto e dell'area Est.
Eppure non è stato sempre così. Nel dopoguerra ci sono state le mani sulla città, ma c'è stata anche la capacità progettuale dell'area di Fuorigrotta, con il recupero dell'area fieristica, gli impianti sportivi, la facoltà di Ingegneria. Mille contraddizioni, sempre, perché questo è il «paradiso abitato da diavoli». Ma le cose si facevano. C'erano i «ladri» e i «demagoghi», ma la Dc e il Pci erano in grado di esprimere personalità politiche di altissimo livello. Da 20 anni più niente. Un Pd che è un disastro, una destra che è peggio. E un sindaco ... meglio lasciar perdere. Ma quello che non si può lasciar perdere è il destino di Napoli, con la sua gente.
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