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Cultura-Domenica Archivio

Volare alto verso il futuro

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2010 alle ore 17:34.
L'ultima modifica è del 29 maggio 2010 alle ore 17:06.

Esiste. Inaugurato giovedì con le prime opere della collezione, le prime mostre, i primi aggiustamenti architettonici per accogliere video e lavori ambientali, il corpo fisico del Maxxi è stato fatto. Ora occorre costruirgli anche un'anima. Per le arti visive sarà inventata soprattutto da Carlos Basualdo, nominato curator at large dalla direttrice Anna Mattirolo, colei che insieme a Margherita Guccione e a Pio Baldi ha guidato la gestazione del centro attraversando sei governi e molti anni di passione.

A scanso di polemiche tra gli italiani papabili, che avrebbero potuto scalfire il ruolo della dirigenza attuale, è stato scelto dunque un argentino, di padre basco e di madre italiana, curatore al Philadelphia Museum of Art, co-curatore nel 2002 della Documenta 11. D'indiscutibile prestigio, lontano dai cinquant'anni e dunque pieno d'energia, i suoi rapporti con l'Italia sono iniziati nel 2003 quando ha collaborato alla Biennale di Francesco Bonami e sono proseguiti nel ruolo di docente presso l'Università Iuav di Venezia, fino a vincere lo scorso anno il Leone d'oro per il migliore padiglione della Biennale 2009, dove ha portato l'americano Bruce Nauman. A lui la responsabilità di riempire di contenuti il contenitore più ardito del paese.

«Devo confessare – ci dice – che mi entusiasma la sfida. Gli spazi sono il contrario del white cube. Hanno un carattere e richiedono una risposta forte. Vedo l'edificio come un richiamo all'azione: è come se mi dicessero "non ripetere, rinnova". Appreso anche che l'edificio sembri implicare una certa nozione di ciò che è oggi l'arte contemporanea, con un invito all'interdisciplinarietà che coinvolge new media, performance e installazione. Il linguaggio dell'arte contemporanea dagli anni Sessanta si è andato articolando precisamente attorno a questi termini. Penso anche che oggi più che mai sia cruciale per l'esperienza dell'osservatore che la sua esperienza di fronte all'opera sia assolutamente singolare. Questo edificio sicuramente lo consente».

Il Philadelphia Museum of Art, il museo da cui Basualdo proviene e dove continuerà a lavorare, venendo in Italia a intervalli di due o tre mesi, ha una collezione importante: nell'edificio di sapore classicheggiante albergano impressionisti, grandi nomi dell'arte americana e un capolavoro dell'avanguardia, il Grande Vetro di Marcel Duchamp. Al Maxxi le acquisizioni sono appena iniziate e non potranno contare su pezzi di valore storico: il treno del passato è perduto, restano quelli del presente. La scommessa è comperare per tempo ciò che verrà prodotto da ora in poi, riconoscendo il grano buono in mezzo al loglio.

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Tags Correlati: Anne d'Harnoncourt | Dante Alighieri | Filadelfia | Francesco Bonami | Hans Ulrich Obrist | Marcel Duchamp | Margherita Guccione | Maxxi | Michelangelo Pistoletto | Mostre | Università Iuav

 

«Uno degli aspetti del mio ruolo sarà appunto proporre un piano per le raccolte – spiega il curatore – in collaborazione con la direzione artistica. Sono già cinque anni che faccio un lavoro simile a Filadelfia e questo lato mi sollecita molto. Il Maxxi è un'istituzione che guarda al presente e al futuro, per vedere cosa è davvero essenziale esaminare. In quanto istituzione italiana, ha senza dubbio un forte impegno chiaro verso gli artisti che vivono e lavorano in questo paese».

Le prime mostre del Maxxi partono con una serie di omaggi, in effetti, all'arte italiana, simboleggiati dallo scheletro ingigantito di Gino De Dominicis steso a terra per la kermesse inaugurale. Sembrerebbero esserci le premesse per un lavoro di sponda continua tra la programmazione espositiva e l'acquisizione. Del resto spesso comprare in concomitanza di una mostra, magari opere nate per il luogo, rappresenta un vantaggio sia per la qualità che per i prezzi.

«È quello che faremo, il più possibile. Il Maxxi lavorerà per definire una linea chiara, tenendo conto dell'importanza del cogliere le opportunità. Poi c'è l'impatto che le donazioni hanno sulla collezione. Anne d'Harnoncourt, la splendida, ultima direttrice del Philadelphia Museum, ci ricordava sempre che più del 90% delle opere del museo erano state dei doni. Diceva anche che la collezione è sempre un caos orchestrato. Personalmente, amo le raccolte che sanno essere varie, ricche e inattese».

Ovviamente il ruolo di un curatore è molto ampio e ricco di implicazioni, come attesta la straripante letteratura degli ultimi anni sull'argomento, dal libro di Kartsen Schubert a quello di Hans Ulrich Obrist passando per mille convegni. Sempre di più, si configura come la chiave di volta per l'attività espositiva che decide valori e destini. Vedremo come Basualdo interpreterà il suo ruolo al Maxxi. Per ora dice di essere interessato a elaborare collaborazioni internazionali: porterà a Roma, per esempio, la grande mostra organizzata su Michelangelo Pistoletto a Filadelfia.

Resta da chiedersi perché un curatore tanto lanciato desideri venire a lavorare in Italia: non è un mistero per nessuno quanto sia difficile operare da noi, con budget dimezzati rispetto ad altri paesi e interferenze della politica costantemente in agguato. L'affaire Sgarbi non è ancora finito, per esempio: dovrebbe essere lui – che non fa mistero di detestare gran parte dell'avanguardia e che comunque non può essere considerato un tecnico riguardo all'arte recente – a controllare per conto del ministero la scelta delle acquisizioni. Perché allora tanta pertinacia nel voler lavorare in Italia?

«La famiglia di mia madre veniva dal Piemonte. Lei si chiamava Crosetti. Sono cresciuto a Rosario, parlando italiano alla scuola Dante Alighieri cantando "Un mazzolin di fiori" e mangiando la bagna cauda con i miei nonni a Capodanno. E spero capiate che in Argentina fa veramente caldo a dicembre. Mia padre insisteva sul fatto che eravamo tanto argentini quanto italiani. Sono onorato di avere l'opportunità di lavorare in questo paese. Non ho paura dell'Italia. Sono solo preoccupato. Credo che qui siano necessarie delle istituzioni forti per l'arte contemporanea. Occorre avere tempo, risorse e senso critico. Alcuni commenti apparsi recentemente sul museo non vanno esattamente in questa direzione. E questo è un vero peccato, non per il Maxxi soltanto».

Un avvertimento sibillino, ma anche chiaro: lasciate nascere il bambino, prima di soffocarlo di attenzioni che lo potrebbero trasformare in un mostro.

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