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Cultura-Domenica > Cinema

Locarno: un virus ci distruggerà

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 15:57.

Dopo la giornata musicale- grandi applausi e consensi per Franco Maresco e il suo documentario Io sono Tony Scott. La storia del piú grande clarinettista del mondo e per il musical d'animazione in stop motion Gadkii Utenok- The ugly duckling del russo Garri Bardin- ecco arrivare quella del virus. Tenologico o alieno, poco importa, scende in campo la paura per un presente o un futuro distopico con due film molto particolari. Interessante anche se decisamente incompiuto Pulsar, titolo selezionato tra i Cineasti del presente (in giuria a Locarno c'è anche la nostra Anita Caprioli e da questa sezione, spesso, arrivano gli spunti piú innovativi e interessanti).

La storia è semplice, fin troppo. Alex Stockman ci offre la vicenda kafkiana del simpatico Samuel (Matthias Schoenaerts), alle prese con la ribellione della tecnologia di casa. Un'ossessione che molti hanno, trovarsi dominati dalle macchine, vittime di una tecnologia che ha sostituito varie forme di comunicazione, archiviazione e persino alcune modalità di rapporti umani. Lo sa questo ragazzo di Bruxelles che vede partire la sua bellissima compagna (Tine Van den Wyngaert) per New York: uno stage in uno studio d'architerrura di 10 settimane. Poca cosa per l'agorafobico Sam, che peraltro mal sopporta anche grattacieli e simili.

C'è pur sempre skype a far da Rete per un amore a distanza. Ma, come abbiamo già detto, la tecnologia da grande alleata puó divenire apocalittica nemica. Qualcuno si inserisce nell'account di Samuel, comincia a escluderlo dalle sue stesse comunicazioni e, infine, a scrivere in sua vece per devastargli la vita. La goccia che fa traboccare il vaso è una mail falsa mandata alla sua Mireille: epiteti irripetibili, durezza inaudita, la volontà di lasciarla in una missiva con la sua firma mandata dalla sua casella postale elettronica. Ma lui non ha mai scritto quelle frasi. E' un labirinto, una persecuzione impersonale e Samuel perde la testa: copre le mura di casa con vernicie anti wi-fi (le onde che permettono il collegamento wireless a internet diventano la sua ossessione), ritrova e reinstalla il telefono del nonno, "a rotella", rompe a calci il modem. E alla fine cerca l'origine di tutti i suoi mali : il vicino di casa, il riparatore di Pc, forse un amico. E noi con lui, in un complesso di persecuzione di un Kafka moderno. Nel frattempo riscopre la parola e lo scrivere a mano, spedisce una lettera alla fidanzata e usa i tasti della tastiera per dirglielo, estirpandoli dalla stessa, in un impeto luddista e allo stesso tempo tenero. Un film che vive di intuizioni forti (bella e romantica l'audiolettera d'amore, a voler segnare con la voce la veridicità delle sue affermazioni) e lunghi momenti di pausa, senza saper mai crescere. Ma l'inquietudine rimane, soprattutto nelle generazioni cresciute leggendo i libri di Asimov, l'eroe dei fumetti Nathan Never (leggetevi l'ultimo Almanacco della fantascienza Bonelli, la storia La rivolta dei robot rende molto l'idea) e apprezzando Stanley Kubrick.

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Alla fantascienza wi-fi del presente ecco accompagnarsi quella di un futuro molto prossimo di Monsters. Il film, in Piazza Grande, ci dice che il confine tra Usa e Messico, ora divenuta una striscia chiamata "Zona infettata" di qualche centinaio di chilometri, è inabitabile per la presenza di colossali alieni-piovra, non molto dissimili –soprattutto in una delle scene finali- da quelli de La guerra dei mondi. Gareth Edwards entra nel filone della sci-fi a basso budget, riprende la lezione di District 9, e ci racconta l'epopea di un fotografo (Scott McNairy) e di una rampolla di buona famiglia (Whitney Able) che cercano di tornare dal Messico negli Stati Uniti. Un viaggio assurdo, faticoso, pericoloso in cui scoprono che, forse, non sono i distruttivi alieni il pericolo maggiore.

Il genere, come spesso accade, diventa il modo per raccontare la realtà, quella di un Occidente sviluppato che ha ricominciato a costruire muri per difendersi dalla miseria, di un paese che ha su di sè la responsabilità di difendere il mondo e risponde con un isterismo milirare organizzato: armi chimiche per uccidere le larve aliene, bombardamenti per uccidere i colossi. E se ci sono danni collaterali, pazienza. La bellezza di Monsters è nei dettagli, in quei graffiti in cui i messicani chiedono di tornare alla striscia occupata, di interrompere i bombardamenti, in cui denunciano 5000 vittime civili a causa degli interventi a "loro" difesa. Fin troppo facile esplicitare i riferimenti all'attualità, alle guerre ancora in corso, alla strategia di politica estera di una superpotenza sempre piú terrorizzata. Il futuro fa paura, e il virus forse è dentro di noi. In entrambi i film Locarno chiede di guardar dentro di noi, senza aiuti esterni. E il Festival cerca l'arma del genere, dallo zombi-movie alla fantascienza, passando per massicce dosi di provocazione- ma, come dice il neodirettore Olivier Pére, "il sesso fa parte della vita e la vita del cinema, quindi è giusto che il cinema racconti il sesso"- confermando un cambio di tendenza deciso e interessante.

Il sito ufficiale del Festival di Locarno

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