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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 15:24.
«Non facciamo finta di essere poco informati su quello che succede oggi intorno a noi: Renato Vallanzasca non è certo il pericolo numero uno in Italia», esordisce Michele Placido, regista di Vallanzasca - Gli angeli del male, approdato oggi fuori concorso alla Mostra del cinema. E per mettere bene in chiaro che intende suscitare quanta più polemica possibile, Placido aggiunge: «Lui sta pagando per le sue colpe, è uno dei pochi che sono ancora in prigione, mentre ci sono persone che hanno fatto molto peggio e che oggi siedono in Parlamento».
Accanto al regista, in conferenza stampa, siede Kim Rossi Stuart che interpreta il bel René, «e per il fatto che sia così bello sono stato ampiamente criticato», continua Placido, «come se un delinquente dovesse per forza avere un aspetto lombrosiano: Vallanzasca è un altro tipo di mente criminale, dotato di simpatia, leggerezza e di una grande capacità di sedurre: è proprio questo che lo rende interessante come personaggio cinematografico».
«Quel che mi piace di lui», dice Rossi Stuart, «è che non è un furbo: essere furbi è un vizio molto italiano che ci ha creato tanti problemi». Infatti la descrizione più efficace di Vallanzasca la fa Francis Turatello (interpretato da Francesco Scianna) nel film di Placido, quando dice: «Ha più coglioni che cervello». Vallanzasca: il fiore del male racconta infatti il bandito come una mina vagante, sempre pronto a fare danno a se stesso e agli altri e imprevedibile nelle sue reazioni e nel suo autolesionismo. La carriera di "Renatino" nel crimine viene descritta come caotica e pasticciata, ma il bandito riesce comunque ad apparire intelligente e ricco di carisma. Antonella D'Agostino, l'ultima moglie del bandito, esce soddisfatta dalla proiezione e fuori dalla sala conferenze rilascia a caldo dichiarazioni entusiastiche, aggiungendo che «Renato vedrà il film prima che esca in sala».
Parlando di Vallanzasca, Placido usa ripetutamente la parola "etica". «La sua si trovava all'interno di un meccanismo poco riconoscibile per noi persone per bene, che comportava il non tradire i suoi compagni e l'addossarsi la responsabilità di tutti i crimini commessi dalla sua banda. Non ha mai sparato a persone inermi, non si è arricchito. Questa è etica», conclude, apparentemente incurante del peso delle sue dichiarazioni.