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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 15:26.
Non sono molte le occasioni di ascoltare in Italia Evan Parker, 66 anni, sassofonista soprano e tenore inglese di Bristol. Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, molti considerano Parker il più straordinario virtuoso di sassofono apparso sulla scena del jazz (e dintorni) dopo John Coltrane, ed è comunque il rappresentante più radicale della musica europea informale e improvvisata. Forse è quest'ultima qualifica che frena gli organizzatori italiani dei concerti.
È accaduto peraltro in un solo mese, tra la fine di agosto e gli ultimi giorni di settembre, che Parker abbia ottenuto dalle nostre parti due trionfi, diversi l'uno dall'altro ma altrettanto significativi. Il primo si è realizzato in due concerti a Sant'Anna Arresi, nell'estremo sud della Sardegna, dove si celebrava il quarantesimo anniversario della scomparsa di Albert Ayler, sassofonista "free" americano di altissimo livello; il secondo a Venezia durante la Biennale Musica 2010 (o se si preferisce: il 54° Festival Internazionale di Musica Contemporanea, tuttora in svolgimento) in una sera dedicata all'Extempore, cioè alla pratica dell'improvvisazione che «sebbene in consuetudini musicali del tutto diverse, può scardinare le nostre abitudini percettive e il modo di fruire la musica».
A Sant'Anna Parker ha giganteggiato in un ottetto diretto dal contrabbassista Alan Silva e nell'orchestra "Possibile Universe" riunita di volta in volta, con organici sempre differenti, da Lawrence Butch Morris il quale - si noti - vuole che l'orchestra improvvisi perfino collettivamente in corso d'opera, limitando la propria bacchetta direttoriale a gesti d'intesa decisi durante le prove.
Ma più ancora, Parker ha potuto prodursi a Venezia con l'assistenza dei fidi Barry Guy al contrabbasso e Paul Lovens alla batteria, di Walter Prati come "computer musician" e in un paio di brani anche del duo Furt di Richard Barrett e Paul Obermayer che hanno deciso da tempo di valicare i limiti imposti dagli strumenti tradizionali per approdare alla pura informatica. Qui Parker ha mostrato in pieno la sua tecnica eccezionale, posta al servizio della composizione istantanea nella quale il tempo musicale coincide con il tempo reale, per cui ogni nota che il solista inventa è un frammento della sua autobiografia, ovvero è dazione di sé al pubblico. Ha scritto Mario Gamba: «Se voi volete la pianificazione come unica modalità musicale, cioè se volete un inizio, uno sviluppo, una fine e la scrittura a tavolino, Parker toglie di mezzo tutto».