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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2010 alle ore 09:51.
Alla Buchmesse fa capolino la questione del prezzo del libro. Non quello per contendersi l'ultimo bestseller ma quello, più prosaico dello sconto da praticare, in libreria, al compratore finale. Oggetto del contendere è la legge che regolamenta il prezzo dei libri e le campagne promozionali proposta da Ricardo Franco Levi, ora in dirittura finale al Senato.
La proposta di legge - che gode del sostegno delle due associazioni di categoria, l'Aie e l'Ali (editori e librai) - è contrastata da un gruppo di piccoli editori indipendenti, riunito sotto il nome di «Mulini a vento» che sta raccogliendo firme in un blog (leggesulprezzodellibro.wordpress.com) per ridiscutere i termini dell'accordo.
Venerdì a Francoforte i Mulini a vento (tra questi editori come Nottetempo, Minimumfax, Iperborea, Donzelli, Fazi e molti librai) hanno tenuto un convegno invitando alcuni prestigiosi colleghi stranieri: Gallimard, Wagenbach, Anagrama. Ciascuno ha raccontato l'esperienza del proprio paese.
Tutti concordi, gli intervenuti: la legge italiana si può migliorare. «Questa legge - spiega Carmine Donzelli - non regolamenta nulla, non ci sono meccanismi sanzionatori, finisce per favorire solo i grandi gruppi». «Noi non siamo contro la legge - gli fa eco Ginevra Bompiani, di Nottetempo - ma per un suo miglioramento. Chiediamo che la legge mantenga le sue premesse, ma guardi alle norme europee in materia e protegga i più deboli».
Gli editori in lotta accetterebbero il 15% di limite di sconto (previsto dalla legge), anche se preferirebbero il 5%, «purché le promozioni siano limitate, come per ogni altro prodotto, a due mesi l'anno».
«Se mi avessero invitato - ribatte Stefano Mauri, presidente del gruppo Gems - avrei spiegato anche posizioni alternative alle loro. Per esempio l'idea di limitare a due mesi non mi sembra buona. È una legge di marketing: se fai gli sconti sul libro a gennaio, a dicembre li compreranno di meno. E dicembre è il mese in cui si fattura di più».
«In ogni caso - continua Mauri - questa legge, che è stata voluta dai librai indipendenti dà un giro di vite agli sconti che li danneggiano. Ogni anno che passa senza questa legge, i librai indipendenti perdono due punti di quota. D'altra parte catene e supermercati non vogliono concedere di più. Il mercato italiano del libro è stato uno dei pù solidi nel mondo in questi anni di crisi. Io non lo stravolgerei.»










