Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 21:39.
Che l'Italia sia una repubblica fondata sul calcio è cosa nota. Che il calcio raccontato e vissuto sia una metafora eloquente di ciò che vediamo ogni giorno, forse, lo è meno. Eppure la sua decadenza segue come un filo rosso la decadenza della società italiana: basta fare un po' di anamnesi dando un'occhiata a chi erano gli eroi pubblici dello sport nazionale, e di riflesso osservare come tale sport veniva e venga ora raccontato.
Pensiamo agli anni '80: erano il decennio di Craxi e della Milano da bere, non esattamente un alveo di sobrietà e pacatezza. Eppure il calcio — sebbene sconvolto dagli scandali delle scommesse — aveva ancora una precisa dignità.
Il "fidanzato d'Italia" all'epoca era un uomo affascinante come Antonio Cabrini: charme, abilità e classe. Quanto ai programmi televisivi, erano tutti ispirati a una certa serietà di fondo. La Domenica sportiva e il mitico 90° minuto con Paolo Valenti reggevano come simboli di un campionato che meritava tutte le analisi del caso — anche le più strambe e deliranti, come in Biscardi — ma era, come dire. Ancora integro. Il discorso verteva sul gioco, non su altro.
Il cambio di decennio verso i '90 non porta ancora grossi mutamenti nel panorama della narrazione calcistica. L'ideale simbolico è ancora legato a standard di una certa eleganza. Paolo Maldini, difensore del Milan e della Nazionale, prende il posto di Cabrini nel ruolo del bello nazionale senza che si assista a un vero cambio di paradigma estetico. Gli stessi vezzi sono ancora molto limitati — il codino di Baggio su tutti.
E dal punto di vista dello spettacolo? La grande novità è una progressiva moltiplicazione dei programmi televisivi (Goleada, Galagol, Controcampo, Pressing...), e insieme l'avvento di quello che sarà la rovina del calcio raccontato — l'inserto comico. Come se il calcio stesso non contenesse un'ampia misura di commedia, oltre che di tragedia, le trasmissioni cominciano a spostare lentamente l'asse verso forme ibride di racconto. In un paio di casi, se non altro, questo porta a risultati interessanti: da un lato le prime edizioni di Mai dire Gol, e dall'altro il varietà garbato e dal sapore quasi provinciale che era il Quelli che il calcio condotto da Fabio Fazio.