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Cultura-Domenica Musica

Trent'anni fa la morte violenta di John Lennon, il Teddy Boy della poesia

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2010 alle ore 06:40.

Due mesi fa avrebbe compiuto 70 anni, e in vari modi e in vari luoghi s'è "festeggiato". Ricorre il trentesimo anniversario della sua morte, che in vari modi e vari luoghi viene celebrato. Una coincidenza temporale venata di assurdo che avrebbe fatto sorridere John Lennon, l'aorta che pompava sangue nelle vene dei Beatles e ha continuato a pomparne in quelle di discografici ed eredi, a dispetto suo, che per il business del rock'n roll provava un viscerale disprezzo, recalcitrante a farsi inscatolare come merce di consumo.

Credeva nella forza politica del rock, Lennon. Anche più dei suoi compagni del celebre Quartetto di Liverpool, pure come lui provenienti dalle periferie del grande porto immiserito e intristito dalla caduta dell'Impero, da strade sguscianti tra mattoni rossi anneriti in cui, diceva, «dovevi camminare rasente ai muri». Infatti, più di loro si trovò in imbarazzo il giorno in cui, in pompa magna, Sua Maestà Britannica li nominò baronetti. Si guardava intorno con l'espressione da «cosa ci faccio qui?».

Non aveva mai sfasciato stanze d'albergo o devastato pompe di benzina per "spettacolizzare" la sua vocazione di ribelle, con o senza causa. Ma più di Paul, George e Ringo aveva fatto proprio il motto di altri coetanei rockettari e amici di classe, gli Animals, che non avevano dubbi sul da farsi e decretavano «dobbiamo andarcene da questo posto». Dunque, non passò molto tempo ancora prima che John se ne andasse via di lì. E andò in America, naturalmente, da dove nella sua adolescenza aveva visto i marinai di Liverpool tornare con le sacche piene di dischi blues, funky, country e rock'n roll. Era stata quella la sua educazione musical-sentimentale. «Negli Stati Uniti – pensava John – c'erano i giovani. In tutto il resto del mondo c'era la gente». Lui non sarebbe mai stato un cittadino britannico modello, neanche con titoli nobiliari acquisiti grazie al mercato discografico.

Lui era un «teddy boy col cuore da poeta». S'innamorava della bruna Juliette Greco, che assorbiva la luce, salvo, subito dopo, tradirla virtualmente con la bionda Brigitte Bardot, che la luce la rifletteva. Ondeggiava nelle sue contraddizioni di duro sentimentale, di uno che voleva sempre essere il capo ma non sapeva mai dove condurre la sua banda, di uno cui piaceva stare in gruppo ma in realtà preferiva stare da solo. E che infatti da solo compose Imagine, inno di pace universale da eseguire preferibilmente al pianoforte senza accompagnamento, ribadendo in ogni strofa «I'm a dreamer», come a prendere le distanze da qualcosa di impossibile da realizzare davvero ma che comunque vale la pena di sognare.

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Ma poiché anche i sognatori confessi possono essere pericolosi, Nixon lo prese di mira e lo mise sotto vigilanza speciale del l'Fbi. Cosa che certo non impedì a Andy Warhol di farne un'icona del Novecento, come Marilyn Monroe, Che Guevara, James Dean, Jimi Hendrix e Bob Dylan. «Penso che la società intera sia gestita da malati di mente che perseguono obiettivi dementi», diceva lui, cui importava solo di vivere alle proprie condizioni di «anima pura del rock» e quasi profetizzando che uno squilibrato l'avrebbe ucciso «per diventare qualcuno», come ha spiegato il suo movente l'assassino David Chapman.

Chissà se John riusciva a spingersi a immaginare anche che alla sua scomparsa perfino il suo water sarebbe diventato oggetto di quel business che tanto disprezzava, finendo battuto in un'asta grottesca. Però alla morte totale non ci credeva. «È solo uscire da un'auto per salire su un'altra», sdrammatizzava senza approfondire. Quale sia il modello di quattro ruote sul quale sta viaggiando da ormai 30 anni non si può sapere, se non pensare che sia a zero emissioni inquinanti. Certo, però, non è quello della nota utilitaria francese alla cui pubblicità i suoi eredi hanno affittato la sua immagine.

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L'ADOLESCENZA DEL CANTANTE AL CINEMA Al cinema in questi giorni per celebrare il mito di Lennon c'è Nowhere Boy, film che segna l'esordio alla regia dell'artista Sam Taylor Wood e che porta sul grande schermo l'adolescenza di John Lennon. Basato sul libro Imagine: Growing Up with My Brother John Lennon scritto da Julia Baird, sorellastra di Lennon, racconta gli approcci alla musica dell'artista e i rapporti con Paul MacCartney, la mamma Julia e la zia Mimi. Mentre la tv celebra il cantante sul network Itv con
The Day John Lennon Died del filmaker Michael Waldman.


LA CARRIERA DA SOLISTA IN UNA RACCOLTA Emi Music e Yoko Ono ricordano l'ex Beatle con l'iniziativa «Gimme Some Truth», che comprende gli otto album della sua carriera solista e altre registrazioni di rilievo. Oltre all'intera raccolta Power To The People, l'iniziativa mette insieme tutti gli album rimasterizzati in digitale da Yoko Ono dai mix originali e due boxset: Gimme Some Truth e John Lennon Signature Box (in edizione limitata), oltre all'album vincitore del Grammy Double Fantasy in versione originale spogliata (Stripped) e rimasterizzata.


IN LIBRERIA IL MONDO DEI BEATLES Anche il mondo dell'editoria ricorda il mitico John: dopo l'uscita, qualche settimana fa di Beatles a fumetti (edito da Skira, autori Enzo Gentile e Fabio Schiavo), la casa editrice Arcana manda in libreria un'antologia di scritti d'epoca sull'impatto, l'influenza e la modernità dei «Fab Four» intitolata Read The Beatles (420 pagine, 18,50 euro). Il libro raccoglie un'ampia collezione di scritti giornalistici sul quartetto di Liverpool: oltre 50 articoli, saggi, interviste, recensioni, poesie ed estratti di libri, dai tempi degli esordi ai trionfi della maturità.

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