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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 17:20.

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Abdulah SidranAbdulah Sidran

Abdulah Sidran è il più grande poeta e scrittore bosniaco. Una definizione piuttosto riduttiva, perché inquadra l'artista in una dimensione nazionale. Invece Sidran è autore di testi bellissimi, di poesia e di sceneggiature, come quelle dei film "Ti ricordi di Dolly Bell?" e "Papà è in viaggio d'affari", che fruttarono a Emir Kusturica il Leone d'oro nel 1981 e la Palma d'oro nel 1985. Il connubio tra il regista e lo scrittore si interruppe (a detta di entrambi in maniera indissolubile) con l'inizio dell'assedio di Sarajevo da parte delle truppe serbe guidate da Ratko Mladic, che iniziò il 5 aprile del 1992 e finì il 29 febbraio del 1996. Kusturica da Sarajevo si trasferì in Serbia e si convertì da musulmano in cristiano ortodosso; Sidran, musulmano non praticante, si battè per la sua città assediata contro le truppe di Ratko Mladic. Per gentile concessione di Piero Del Giudice, giornalista e scrittore, amico e testimone di nozze di Sidran sotto le bombe (curatore di "Romanzo balcanico" 2009, Aliberti editore, Reggio Emilia, pagg. 928, € 37,00), pubblichiamo "Sulla Drina. Srebrenica" per la traduzione di Nadira Šehović (2010, ADV edizioni, Lugano).

Sulla Drina. Srebrenica di Abdulah Sidran

Prima di diventare una triste prova della crudeltà selvaggia dell'esercito di un popolo che considera se stesso europeo, e prima di diventare un simbolo dell'ipocrisia politica mondiale, Srebrenica era una delle tre decine di miti cittadine bosniache nella cui storia, per un intero millennio, si è rispecchiata la storia del Paese: dai tempi pre-slavi, al banato e al potente e grande regno bosniaco medievale, all'impero ottomano e poi quello asburgico, fino ai tempi moderni e il XXI° secolo. Giace sul fiume Drina, il confine orientale del Paese. Nei libri di storia il fiume Drina è indicato come il confine, vecchio quasi due mila anni, tra l'est e l'ovest europeo, tra la civiltà orientale e quella occidentale, dalla divisione dell'Impero romano in due parti nel IV° secolo d.C. e il grande Scisma d'Oriente del 1054. Quanto Srebrenica fosse stata importante per Roma per l'Occidente in generale, lo dimostra anche il fatto che nel lontano 1271 vi fu costruita una grande chiesa cattolica dedicata a Santa Maria. L'hanno eretta i frati francescani bosniaci, collocando a Srebrenica la sede della loro Provincia Bosna Srebrena (lat. Bosna Argentina). Il nome Srebrenica non è un mero risultato di poetizzazione linguistica: la città è sorta nelle vicinanze di numerose miniere d'argento (bos. srebro) ed un segmento importante della popolazione cittadina fin dai tempi remoti era rappresentato dai maestri-minatori di origine germanica (Sassi), come dimostra una specifica toponimia e onomastica conservata fino ad oggi. Gli studiosi locali non hanno ancora avuto il tempo di occuparsi di ricerche paleolinguistiche che amplierebbero le nostre conoscenze. Hanno, però, trovato il tempo per calcolare che il nostro vicino orientale dell'oltre fiume, la Serbia, è riuscita a conquistare Srebrenica una decina di volte e di amministrarla per tre, quattro, cinque, ma mai più di diciannove anni. Queste temporanee conquiste di Srebrenica da parte della Serbia agli inizi avevano un carattere e motivi soprattutto economici: la conquista dei ricchi giacimenti di argento. Molto tempo dopo, nel XIX° e XX° secolo, i motivi economici e di saccheggio perdono importanza e in primo piano si pongono quelli di conquista, cioè motivi e obiettivi della politica espansionistica conforme con l'ideologia aggressiva della "Grande Serbia".

Quand'anche il nostro ipotetico e immaginario lettore conosca qualcosa della tragedia di Srebrenica (1992-95) e del genocidio della popolazione musulmana della città (11-16 luglio 1995), certamente non sa molto del fatto che una tragedia simile e la stessa sorte l'hanno vissuta tutte le città e tutte le aree abitate da popolazioni non serbe delle aree lungo la Drina, dal nord al sud della Bosnia Orientale: Brčko, Bijeljina, Zvornik, Višegrad, Bratunac, Rudo, Čajniče, Foča… Eliminando i bosniaci musulmani e tutte le altre popolazioni non serbe della zona, si è realizzato il primo dei sei obiettivi strategici del progetto della Grande Serbia: è stato soppresso il fiume Drina nella sua qualità di confine storico e naturale tra due mondi, tra due tradizioni europee. E mentre i più importanti ideologi serbi e della Serbia ancora oggi continuano a scrivere e a parlare della congiura antiserba "americana-vaticana-tedesca", il cui obiettivo sarebbe "lo spostamento a est dei confini del cattolicesimo", il quadro "sul campo" dimostra l'opposto: nessuno ricorda più che, o quando, nell'area della Drina siano vissuti anche cattolici-croati, né quando a Srebrenica è stata distrutta la chiesa di Santa Maria costruita nel 1271 1) ; per quel che riguarda i resti dei cimiteri cattolici nelle città sulla Drina, la gente comune crede che vi siano sepolti i soldati tedeschi e austriaci della Prima e della Seconda guerra mondiale, ignorando che i cattolici bosniaci siano stati, nel corso della storia, un elemento etnico autoctono. La Drina, come confine tra l'Occidente e l'Oriente europeo, con l'ultima guerra e l'accordo di pace di Dayton, si è spostata di 400 chilometri, verso la frontiera occidentale della Bosnia (quando si dice Bosnia, l'Erzegovina è sottintesa!). Da quelle parti, sul confine con la Croazia, un centinaio di chilometri da Karlovac e da Zagabria, il governo dei clerico-nazionalisti serbi oggi cambia i nomi delle città dalle quali ha scacciato i croati e i bosniaci musulmani: Bosanska Dubica diventa Kozarska Dubica, Bosanski Novi – Novi Grad… La falsificazione della storia e la soppressione della memoria diventano così il finale di una globale impresa genocida della quale Srebrenica è solo un segmento più orribile e più visibile, quello che per la sua enormità non poteva essere nascosto.

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