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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 17:20.

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Il grido poetico sulla sorte delle madri sopravvissute di Srebrenica e della Bosnia Orientale non è nulla di più: solo un gemito poetico e il pianto. La prassi politica delle potenze europee non può essere cambiata da una qualsiasi letteratura, ma può e deve essere detto:

Signori, basta con la vostra ipocrisia! Avete lasciato impuniti gli assassini, avete legittimato politicamente e legalmente i risultati della loro "impresa criminale congiunta" (come viene definita l'aggressione contro la Bosnia dalla Procura e dai giudici del Tribunale dell'Aja!)! A noi, che abbiamo difeso la nostra patria, chiedete di accordarci con coloro i quali la distruggevano e ancora oggi continuano a distruggerla. Come e su che cosa accordarci? Come possono accordarsi e collaborare le forze centrifughe e centripete? In nessun modo. Mai e in nessun modo. In questo la nostra Bosnia non ha bisogno del vostro Alto rappresentante come Osservatore, ma è indispensabile un Alto rappresentante come Arbitro e Colui Che Decide, nel rispetto dei migliori standard e principi europei. Chiediamo forse troppo se ci aspettiamo che la cosiddetta comunità internazionale anche qui, in Bosnia, si comporti e decida della cosa pubblica così come lo fa in casa, in Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna? Se nei propri paesi non permettete il revisionismo storico, l'apologia del fascismo e l'attività delle associazioni e dei partiti fascisti – perché lo permettete in Bosnia? Se la trovata razzista di "due scuole in un unico edificio" nei vostri paesi sarebbe illegale e impensabile, perché l'accettate e la tollerate da noi, in Bosnia? E così via.

Se quindici anni dopo l'accordo di pace di Dayton la Bosnia dimostra sempre meno capacità di sopravvivenza, se davvero rischia di scomparire dalla mappa politica dei paesi europei – e rischia! – allora non è solo una questione dei rapporti interni ma è innanzitutto e ancora di più il risultato di un "impegno" incompetente ed ipocrita della comunità internazionale, europea e mondiale. I bosniaci, post mortem, riterranno vera solo la consapevolezza che il senso della presenza della "comunità internazionale" nel loro paese non è stato altro che quello di far apparire la sua distruzione e scomparsa inevitabile.

Neum, 20/21.8.2010

(traduzione N. Šehović)

1)La chiesa di Santa Maria è stata distrutta non si sa bene quando, forse nel XVII ° secolo. Ne sono stati trovati i resti negli anni Ottanta (cercati a lungo) vicino al centro di Srebrenica , quando un certo
Ramo Malagić voleva costruire una casa nuova nel suo cortile e scavando ne ha trovato le fondamenta. In quel luogo nel 1991 è stata costruita una piccola chiesa nuova, danneggiata ovviamente durante l'ultima guerra. Per alcuni anni ne ha avuto cura e tenuto le chiavi Izet Imamović, vicino di casa di Malagić, primo musulmano ritornato a Srebrenica dopo il genocidio.

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