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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2011 alle ore 20:02.

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L'attore italiano RobertoHerlitzka e Olimpia Melinte alla presentazione del film «Sette opere di misericordia»L'attore italiano RobertoHerlitzka e Olimpia Melinte alla presentazione del film «Sette opere di misericordia»

Dopo i documentari Tahrir, Inconscio italiano e 55,1- Cronaca di una settimana di passioni, ecco arrivare il candidato italiano al Pardo d'Oro. E' all'inizio della seconda e ultima settimana di programmazione del 64imo Festival del film di Locarno che si affaccia l'unico lungometraggio italiano selezionato nel concorso internazionale.

Coproduzione con la Romania e frutto di un lungo lavoro dei videoartisti e documentaristi Gianluca e Massimiliano De Serio- «ci son voluti ben 5 anni - racconta il loro produttore Alessandro Borrelli, a capo de La Sarraz - in Italia è difficile realizzare opere prime soprattutto se fuori dagli schemi». "Sette opere di misericordia" è un metaforico e a volte troppo rarefatto ed estetizzante viaggio nella società malata dei nostri tempi.

Una giovanissima immigrata (Olimpia Melinte) passa dall'inferno alla redenzione macchiandosi di colpe atroci, verso un vecchio (Roberto Herlitzka) e un bambino, per poi lavarle via con un percorso tortuoso di riscatto. Il film, che si richiama nel titolo all'omonimo quadro del Caravaggio, che ha evidentemente influenzato i due fratelli nell'estetica della regia e Piero Basso nella complessa costruzione della fotografia, è impostato sulle sette opere di misericordia corporali della religione cattolica, che non a caso dividono in altrettante parti l'opera. A volte in pieno contrasto con quello che avviene sullo schermo, altre con adesione totale, soprattutto verso la fine. Un'incongruenza che diventa identità.

«Più che incongruenza - sottolinea Gianluca - la chiamerei ironia drammaturgica. Le sette opere di misericordia corporali qui all'inizio sono una forzatura rispetto a quello che accade, il film si costruisce sullo scarto tra enunciazione e realizzazione dell'opera in questione. Ovviamente questa divaricazione diventa sempre meno evidente e più rarefatta fino ad assottigliarsi completamente». Borrelli, il produttore, ci tiene a ringraziare la Film Commission del Piemonte - «che ha accettato il rischio» e sostiene che Sette opere di misericordia è la dimostrazione che «pur con un budget basso, se si hanno grandi partner come Eurimages, che quest'anno oltre a noi ha finanziato Moretti e Sorrentino, e grandi idee, ce la si può fare a realizzare dell'ottimo cinema». Persino a uscire in sala per un lavoro così difficile, visto che nelle sale italiane, grazie a Cinecittà Luce, arriverà a dicembre.

Fondamentale anche la presenza di Roberto Herlitzka, sofferente protagonista del film. «Ho trovato due registi con l'aspirazione a fare dell'arte. Quest'ultima ormai divenuta un lusso o peggio una cosa proibita. Hanno le mie stesse aspirazioni e ora che l'ho rivisto posso dire che il film mi piace molto. Mi chiedo che pubblico potrà avere, visti i gusti moderni. Ma questo essere fuori dal conformismo del cinema di oggi è solo un altro pregio di Sette opere di misericordia».

Un lungometraggio non facile da digerire, a tratti pretenzioso ma allo stesso tempo con un paio di lampi, di intuizioni importanti. L'impressione è quella di un'incompiuta, di un film che riesce a tratti a essere irritante proprio per il tanto talento profuso - da segnalare, per esempio, la buona prova di Ignazio Oliva - ma non nella giusta direzione. E così al festival ticinese ci si divide sul film che di sicuro più ha sfidato spettatori e addetti ai lavori.

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