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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2011 alle ore 19:43.

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Una scena del film «Attack the Block»Una scena del film «Attack the Block»

Un tentativo di unire il cinema d'autore impegnato a quello popolare e di più semplice intrattenimento: con queste parole Gianni Amelio annunciava, nel 2009, le linee guida che avrebbero caratterizzato il Torino Film Festival sotto la sua (prima) direzione.
A due anni di distanza l'obiettivo appare perfettamente raggiunto, vista l'ampia presenza nel programma della kermesse di pellicole di entrambe le tipologie.

All'interno del filone popolare si può citare il curioso «Attack the Block», esordio dietro la macchina da presa di Joe Cornish, sceneggiatore di successo che vanta tra i suoi copioni recenti anche quello de «Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno» di Steven Spielberg.
Ambientato nella Londra contemporanea, «Attack the Block» segue le vicende di un'invasione aliena all'interno di un quartiere popolare della metropoli britannica: una gang di ragazzini, pronti a tutto pur di difendere le strade in cui sono cresciuti, si oppone con forza alla loro avanzata.
Dopo un incipit folgorante, in cui le scie dei meteoriti extraterrestri si mischiano con dei fuochi d'artificio, il film sembra un po' adagiarsi sugli allori di un soggetto anche socialmente molto interessante, perdendo (in parte) l'occasione di risultare uno dei prodotti più originali visti negli ultimi mesi.

Si sente la presenza tra i produttori del bravo Edgar Wright, regista di «Hot Fuzz» e «Scott Pilgrim vs. The World», ma a Joe Cornish manca per il momento quel pizzico di coraggio e strafottenza che ha fatto la fortuna del suo più celebre collega.
Nonostante questo, grazie soprattutto a un buon ritmo e a un uso creativo del piccolo budget a disposizione, «Attack the Block» resta uno dei grandi favoriti per la vittoria finale del Torino Film Festival 2011.
Di tutt'altro genere, e appartenente alla categoria del cinema impegnato, è invece «L'illusion comique», l'ultima fatica di Mathieu Amalric dopo il successo di «Tournée».
Tratto dall'omonima pièce teatrale di Pierre Corneille del 1635, «L'illusion comique» ha per protagonista Clindor, un giovane che, dopo aver abbandonato la casa in cui è cresciuto, ha perso da circa 10 anni i contatti con il padre. Le cose cambieranno quando quest'ultimo, trovando nella posta alcune registrazioni della vita dissoluta del figlio, deciderà di partire per Parigi per riportare Clindor sulla retta via.

Nel forzato tentativo di apparire un autore a tutti gli effetti, Amalric, al momento più noto come attore che come regista, realizza un'operazione colta, accompagnata dai serrati dialoghi di Corneille e da una messinscena di stampo teatrale.
Seppur possa risultare un'interessante attualizzazione dell'opera del XVII secolo, dove alla "grotta" del testo originale si sostituisce una sala di video di sorveglianza, il film rimane bloccato dai troppo ambiziosi obiettivi del suo autore, incapace di districarsi fluidamente nel contrasto tra realtà e finzione che ha portato in scena.
Interessante segnalare che all'interno del programma del Torino Film Festival è stato presentato un secondo lavoro di Amalric: «Joann Sfar (Dessins)», un curioso mediometraggio documentario, incentrato su Joann Sfar, regista e fumettista noto in particolare per la serie «Il gatto del rabbino».

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