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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 16:26.

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© Filippo Mutani per IL© Filippo Mutani per IL

Immersi nel silenzio cosmico, protetti dai 1.400 metri di roccia del Gran Sasso, i 150mila mattoncini di piombo ed emulsione nucleare dell'esperimento Opera aspettano pazienti che il Cern di Ginevra, dopo la pausa invernale, riaccenda il fascio di neutrini del progetto Cngs. "Cern neutrinos to Gran Sasso": un acronimo che nasconde una rivoluzione. Era il 23 settembre del 2011 quando il fisico italiano Antonio Ereditato comunicava al mondo che il suo team, grazie proprio a Opera, aveva misurato il probabile comportamento superluminale dei neutrini. Queste particelle effimere e misteriose, questi «pazzi figli della crisi della mia vita», come li definì nel 1930 il loro scopritore Wolfgang Pauli, sarebbero riusciti a percorrere i 730 km di distanza tra Ginevra e Opera in 2,4 millisecondi, correndo più veloci della luce di 60 nanosecondi, attraverso la crosta terrestre.

Se la misurazione della velocità superluminale dei neutrini venisse confermata, «buona parte dei libri che vede qui intorno a noi in biblioteca – ci spiega Aldo Ianni, capo divisione ricerca dell'esperimento Borexino – andrebbero riscritti, e nessuno oggi ha un'idea di come si potrebbe evolvere la situazione. Perché noi riteniamo che qualunque interazione si propaghi, al più, a una velocità che è quella della luce. Se quindi fosse confermato che questa non è la velocità massima della natura, dovremmo riformulare tutte le nostre teorie. Sarebbe quindi, di nuovo, tutto da scoprire».
Oggi, gli scienziati dei Laboratori nazionali del Gran Sasso – i più grandi tra i laboratori specializzati sotterranei del pianeta, in funzione dal 1987 grazie all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare da cui dipendono – percepiscono il clamore del mondo esterno come quello che effettivamente è: appena un rumore di fondo. La baraonda mediatica scoppiata in seguito a quell'annuncio, e amplificata da un'infelice uscita a mezzo stampa dell'allora ministro Gelmini, li fa ancora sorridere a distanza di mesi.

Qui si vive alla frontiera della scienza, ed è da questi sei chilometri di tunnel e sale sotterranee tra Roma e Teramo, alle quali si accede direttamente dalla galleria autostradale in prossimità di Assergi, che potrebbero arrivare le risposte ai più grandi quesiti dell'universo. Perché se Opera si è guadagnato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, è anche vero che sotto il Gran Sasso procedono altri diciassette esperimenti. Ciascuno di loro può cambiare la storia.
Nelle tre grandi sale (ciascuna con dimensioni standard: lunghezza cento metri, larghezza venti, altezza diciotto) dove lavorano scienziati provenienti da 24 Paesi, si studia la materia oscura, la massa del neutrino in decadimento doppio beta, si osservano le reazioni nucleari di interesse astrofisico e i neutrini "naturali" prodotti dal Sole e nelle esplosioni di SuperNovae.

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