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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2012 alle ore 08:31.

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E la necessità di commercializzare il petrolio con un'infrastruttura fisica integrata e una gestione burocratica unica contribuisce a tenere unita la Libia.
Si sta pian piano erodendo il potere delle milizie. Alcuni gruppi armati sono stati integrati nelle istituzioni nazionali, come la polizia e l'esercito, o sono stati formati e riconvertiti a occupazioni civili. Secondo stime ufficiose, entro il prossimo anno altre 250mila persone circa verranno reintegrate. I nuovi leader sono consapevoli che riportare sotto controllo le milizie sarà un processo lungo che non potrà basarsi solo sulla persuasione ma anche su esborsi pubblici.

Nella sua opera di distribuzione di incentivi finanziari alle milizie, il governo cammina su una corda sottile, cercando di fare in modo che le elargizioni temporanee non si trasformino in prebende permanenti. Solo in questo modo si potrà evitare di imboccare la strada del clientelismo politico, fenomeno radicatissimo nella vita quotidiana degli anni di Gheddafi e che aveva creato interessi particolari ben consolidati.
Per consolidare i suoi progressi, e nonostante le capacità ancora limitate del governo, la Libia dovrà affrettarsi a sviluppare ulteriormente le nascenti istituzioni politiche, economiche e di sicurezza. Come hanno dimostrato le elezioni di luglio, il sistema politico nazionale ha ampli margini di crescita.

I partiti faticano a formulare programmi coerenti e sono caratterizzati più dai singoli individui che dalle idee. I cittadini sembrano avere solo una visione rudimentale dei processi e delle procedure politiche. Tutti questi limiti sono stati ingigantiti da un sistema elettorale pensato per evitare che un gruppo politico prenda il sopravvento. Sui 200 seggi del Congresso generale nazionale, 80 sono stati eletti con un sistema proporzionale, in base alla percentuale di voti ottenuta da ciascun partito, e i restanti 120 sono stati assegnati a candidati votati direttamente dal popolo. Per giunta i candidati di partito, per la quota proporzionale, sono stati eletti con un sistema di voto singolo non trasferibile, che tende a favorire i singoli candidati a discapito dello sviluppo e della coesione dei partiti. In teoria la presenza di un gran numero di parlamentari indipendenti dovrebbe costringere l'assemblea a ricercare il compromesso e creare coalizioni, ma considerando la storia di faziosità e divisioni del Paese, l'unico risultato di un sistema del genere rischia di essere lo stallo.

Le elezioni e le prospettive future
Nel voto di lista l'Alleanza delle forze nazionali, guidata dall'ex capo del Consiglio nazionale di transizione, Mahmud Jibril, ha sgominato il Partito della giustizia e dello sviluppo, la formazione affiliata ai Fratelli musulmani. La rilevanza acquisita dalla figura di Jibril durante la guerra civile ha garantito alla sua coalizione una visibilità maggiore e questa visibilità si è trasformata in voti. Diversi commentatori occidentali si sono affrettati a celebrare la sconfitta degli islamisti per mano dei laici (teoricamente) della coalizione di Jibril. Ma è un'esultanza prematura: la verità è che tutti i partiti politici libici, compreso quello di Jibril, parlano di Islam nel programma: l'unica differenza è il ruolo preciso riservato alla religione nella vita di tutti i giorni.

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