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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2012 alle ore 08:31.

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Lo scadente risultato del Partito della giustizia e dello sviluppo non è legato tanto a ragioni ideologiche quanto al fatto che Gheddafi era riuscito a sradicare la presenza dei Fratelli musulmani, costringendoli, alla caduta del regime, a contare su risorse organizzative limitate.
Nelle votazioni future, quando il ricordo del Cnt e dei suoi leader comincerà a sbiadire e il Partito della giustizia e dello sviluppo e altre formazioni islamiste si organizzeranno meglio e riusciranno a elaborare programmi più sofisticati e dettagliati, gli islamisti probabilmente si ritaglieranno un ruolo più importante. Detto questo, la maggioranza dei libici sembra decisa a evitare che un singolo partito o movimento politico arrivi a esercitare la sua egemonia sul nuovo governo democratico.

La sfida maggiore per la Libia sarà stimolare la nascita di un'autentica comunità politica. A differenza dell'evoluzione seguita generalmente in Occidente, dove Paesi con un'identità nazionale solida si sono trasformati progressivamente in democrazie elettive, la Libia dovrà costruire un'identità nazionale partendo dalla sua neonata democrazia. Un ruolo centrale da questo punto di vista lo giocherà la stesura di una Costituzione. Nei mesi a venire la commissione costituzionale libica, composta in parti eguali da rappresentanti delle tre province storiche del Paese, sarà chiamata a creare un assetto istituzionale in grado di indurre i diversi gruppi ad aderire a un progetto autenticamente nazionale.

Una macchina lubrificata dal petrolio
I nuovi leader dovranno trovare anche metodi migliori per gestire le risorse petrolifere del Paese e la sua economia. Gheddafi è riuscito a perpetuare la sua egemonia attraverso un uso distorto di queste risorse e la creazione di un'economia fortemente centralizzata, ma di fatto senza regole, che ora patisce tutti i problemi di una trascuratezza prolungata: mancanza di spirito imprenditoriale, un settore pubblico ipertrofico che svolgeva la funzione di datore di lavoro di prima e ultima istanza e che a un certo punto era arrivato a impiegare l'80 per cento della forza lavoro attiva, un'assistenza sanitaria e un sistema di istruzione deficitari, problemi ambientali e infrastrutture obsolete.

Un altro problema dell'economia libica è l'insufficiente diversificazione: il settore petrolifero non può iniziare a creare occupazione in proporzioni tali da garantire un lavoro ai tanti giovani disoccupati e sottoccupati. Sulla carta i dati economici a breve termine appaiono buoni. La produzione petrolifera è tornata più o meno ai livelli precedenti alla guerra civile e i funzionari della National Oil Corporation (la società pubblica che gestisce il petrolio libico) prevedono che la Libia in due anni arriverà a produrre un altro milione di barili al giorno. Secondo un rapporto della Business Monitor International, la crescita del Pil reale quest'anno dovrebbe attestarsi sul 59 per cento, dopo il tracollo del 2011 (attorno al 49 per cento in meno). Ma queste proiezioni incoraggianti nascondono il fatto che senza riforme la Libia non riuscirà ad affrancarsi dalla sua condizione di rentier state.

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