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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 23:40.
L'ultima modifica è del 14 giugno 2013 alle ore 21:33.

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Cultura, il veto francese mette d'accordo la Ue. Si accende la sfida a Hollywood che coinvolge il made in Italy

I ministri del Commercio europei dopo una maratona negoziale hanno raggiunto un accordo su come proteggere l'eccezione culturale dell'Ue, escludendo il settore audiovisivo dai negoziati commerciali con gli Stati Uniti, come chiedeva la Francia. «Il mandato a negoziare (sugli accordi commerciali tra Unione europea e Usa) è stato approvato», ha detto John Clancy, portavoce del commissario europeo al Commercio, Karel De Gucht, sul suo account twitter. (redazione online)

di Cristina Battocletti
Che sarebbe stato dell'italian style senza "La dolce vita" di Fellini o senza le pellicole di Visconti, Antonioni, De Sica, Rossellini? Dal Dopoguerra fino ai tardi anni Sessanta è stato l'indubbio valore delle opere dei registi italiani a rafforzare la nostra immagine di Paese all'estero, aggiungendosi al grandioso patrimonio artistico e letterario che abbiamo ereditato dal passato. Senza contare che il periodo dal Neorealismo alla Commedia all'italiana fu anche uno straordinario veicolo per il "made in Italy" e quindi per la nostra economia.

Non solo, i nostri film hanno richiamato anche autori stranieri, che hanno consacrato marchi e prodotti nostrani. Che sarebbe stato della Vespa senza Audrey Hepburn e Gregory Peck in "Vacanze romane" o dei motoscafi Riva senza "Indiana Jones," "The tourist" e "Ocean twelve"? Per non parlare del design di Alessi in "9 settimane e ½" o della San Pellegrino in "007 dalla Russia con amore".

È stato poi Manfredi a inculcare ovunque il marchio Missoni, indossandolo sul grande schermo, mentre Brioni ha forgiato James Bond. In tema di motori, la Ducati ha fatto diverse comparsate, ricordiamo solo il duello tra centauri in "Wall street. Il denaro non dorme mai" e la corsa in "007 Goldeneye". La "cugina" Ferrari conta bizzeffe di interpretazioni, basti registrare però - per capire il declino e la necessità di intervenire a tutela del nostro cinema - che Sofia Coppola l'ha voluta nella scena iniziale di "Somewhere", ma quando poi ha parlato di moda nel successivo "The bling ring" ci ha snobbato.

Eppure sono mitiche le scene di isteria per il nostro "made in Italy" in "Il diavolo veste Prada" ed è notevole l'immagine in "Frost/Nixon - Il duello" quando al presidente americano viene portato un paio di scarpe italiane, che lui adorava.

La proprietà intellettuale è dunque un valore da proteggere dai colossi come Hollywood, che con la loro forza finanziaria (improponibile il confronto fra incassi del cinema Usa in Europa e dei film europei in America) rischiano di asfaltare la nostra minuscola – al confronto – industria cinematografica.

Bene fa allora Parigi a volersi tutelarsi dal pericolo che anche la cultura, il cinema e l'audiovisivo vengano considerate da Bruxelles come merci comuni nelle negoziazioni commerciali con gli Stati Uniti. Parigi ha alzato un muro imponendo che almeno il 40% dei programmi televisivi siano fatti in casa, finanziando il suo cinema con 800 milioni di euro. Non a caso l'unico mercato cinematografico europeo si svolge al festival di Cannes e durante la Mostra di Venezia la gran parte degli operatori di settore vola a Toronto, dove gli scambi canadesi sostituiscono quelli inesistenti lagunari, in beffa a un magari ottimo cartellone.

E non è vero che il nostro genio cinematografico si è esaurito. Basti pensare ai fratelli Taviani con "Cesare deve morire", vincitore dell'Orso d'oro al festival del cinema di Berlino nel 2012, o alla pletora di premi ricevuti a Cannes da Matteo Garrone e da Paolo Sorrentino, apprezzatissimi anche oltreoceano. Bene hanno fatto i registi e gli attori europei, capitanati da Bérénice Bejo - per l'Italia c'era Daniele Luchetti -, a bussare l'11 giugno scorso a Strasburgo alle porte del presidente della Commissione Ue Barroso, chiedendogli di confermare l'eccezione culturale, che ha tutelato fino ad ora l'industria audiovisiva europea e italiana. Il 14 giugno i ministri del commercio estero si sono riuniti per affrontare il tema. Capiremo se ha vinto la ragionevolezza.

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