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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2010 alle ore 10:08.
L'ultima modifica è del 16 maggio 2010 alle ore 16:57.
Il primo rinnovo di un contratto triennale nella storia del pubblico impiego rischia di slittare con un impatto non secondario sull'attuazione di una riforma della Pa in buona parte pensata per premiare i dipendenti più meritevoli e incentivare la produttività.
A imporre il rinvio sarebbe la manovra correttiva sui conti pubblici che i tecnici del ministero dell'Economia stanno mettendo a punto e che dovrebbe contenere un pacchetto di misure che parte da una moratoria del rinnovo dei contratti per il periodo 2010-2012 e si conclude con una proroga per un altro biennio del blocco del turn-over, in scadenza a fine 2010.
Di più. Per reperire risorse, stando a diverse fonti ministeriali, si ipotizza anche il prelievo delle risorse destinate ai fondi unici di amministrazione (Fua) utilizzati per pagare lo stipendio integrativo legato alla produttività nelle amministrazioni centrali, gli enti pubblici non economici e le agenzie. La cifra che circola per quest'ultimo intervento è di un miliardo nel biennio, e si tradurrebbe in un taglio medio degli stipendi in essere di circa 20 euro.
Il risparmio complessivo garantito dall'insieme delle misure allo studio sarebbe di 4,8-5 miliardi in due anni: oltre al Fua sono calcolate minori spese per 1,3-1,4 miliardi l'anno per i contratti e 800 milioni (nel biennio) dal blocco delle assunzioni. Il blocco delle dinamiche salariali comprenderebbe anche gli automatismi dei «non contrattualizzati» per categorie particolari come i magistrati, i professori universitari, i prefetti e gli ambasciatori. In serata è circolata anche l'indiscrezione, da fonti parlamentari, di una norma per far slittare il pagamento del trattamento di fine servizio (la liquidazione) agli statali che vanno in pensione. Il tempo di attesa potrebbe raddoppiare, secondo le simulazioni in corso, da tre a sei mesi. Attualmente le buonuscite devono essere liquidate dall'Inpdap entro 90 giorni e trascorso questo tempo lo stato paga un interesse del 5%. L'ipotesi è un allungamento fino a 180 giorni. Si tratta di una misura che era già stata proposta ai tempi del decreto anti-crisi del luglio scorso ma che poi fu bloccata alla Camera. In questo caso non circolano cifre ma è chiaro che il risparmio sarebbe sugli interessi da pagare ai circa 90mila dipendenti (il 2,5% di 3,5 milioni; questo è il flusso di uscita calcolato dall'Aran) che andranno in pensione ogni anno.