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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 08:07.
In dodici mesi ha perso più dell'11% rispetto al dollaro (e alle altre valute legate alla moneta Usa). Sarà l'euro debole a rilanciare la competitività del made in Italy?
«Per l'industria italiana di tutti i settori - sostiene Fabio Storchi, presidente di Comer Industries, media azienda specializzata in applicazioni industriali e per macchine agricole - questo mutamento dei corsi monetari rappresenta un toccasana. Abbiamo sofferto moltissimo con un cambio fra 1,35 e 1,50. Il punto di equilibrio è 1,20: consente di avere bilanci più equilibrati e permette di spingersi con più forza fuori dall'area euro, Stati Uniti e Asia in primis».
È proprio questo il punto: l'euro debole avvantaggia le merci italiane nelle aree del dollaro e in quelle agganciate alla moneta americana. Che sono quelle a maggior tasso di crescita. Dunque, diventa più facile per i nostri imprenditori piazzare i loro prodotti in quei mercati, i più dinamici, che oggi valgono abbondantemente più di un terzo del nostro export. Dunque l'euro debole una mano la dà, gli imprenditori ne sono convinti e considerano gli aspetti positivi superiori a quelli negativi, che non mancano.
Un po' in tutti i settori. «Per chi produce in Italia il rafforzamento di dollaro e yen è sicuramente positivo, anche se, nella grandi aziende soprattutto, i benefici si manifesteranno più nel medio periodo che nel breve» sostiene Michele Norsa, amministratore delegato di Ferragamo, storica azienda fiorentina di moda. Però, aggiunge, «alcuni risultati si vedono già: il retail in Europa sta crescendo, trainato dagli acquisti degli stranieri. L'effetto psicologico dato dal vantaggio di comprare in euro aumenta la propensione all'acquisto di chi viaggia».
Ma in generale i benefici si vedranno più avanti. Spiega Carlo Alberto Corneliani, presidente e a.d. dell'omonima azienda di abbigliamento mantovana, «per quest'anno i giochi sono fatti. L'anno prossimo ci saranno sicuramente dei benefici, sempre che i mercati assorbano le vendite». «Che l'euro debole aiuti l'export anche in paesi come Gran Bretagna, Giappone o Corea è pacifico – conferma Carlo Rivetti, presidente e a.d.di Sportswear Company (marchio Stone Island) – ma attenzione: chi è molto sbilanciato sulle lavorazioni all'estero avrà un aumento dei costi».