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Economia Lavoro

Il governo convoca Fiat. Chiamparino: «Marchionne mantenga le promesse»

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2010 alle ore 23:09.

In una libera economia e in un libero Stato ogni gruppo industriale è libero di collocare la produzione dove ritiene più conveniente; spero ciò non accada a discapito della produzione italiana e degli addetti italiani cui Fiat dà lavoro». Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è intervenuto ieri – durante l'incontro con il presidente russo Dmitri Medvedev – sul trasferimento in Serbia della produzione della monovolume Fiat, destinata in precedenza a Mirafiori.

Un argomento che ha scatenato le proteste di sindacati e politici, nonostante la notizia che il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha convocato le parti per mercoledì prossimo a Torino, presso la sede della Regione Piemonte. Una decisione condivisa dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che ha però sottolineato come il «tema Fiat non si possa prendere a pezzi e bocconi». A suo avviso non basta organizzare i tavoli in Piemonte, ma serve un confronto in sede centrale «per vedere gli effetti sull'Italia di quello che sta facendo la Fiat».

Sacconi, però, rileva che tra la vicenda di Pomigliano e l'annuncio della delocalizzazione in Serbia c'è un legame fondamentale, quello di «una buona utilizzazione degli impianti, basata soprattutto sulle relazioni industriali». Per il ministro ciò che conta realmente «è saturare gli impianti italiani e garantire buoni investimenti negli impianti italiani: di questo discuteremo, nel frattempo lavoriamo per costruire». A Torino, comunque, cresce la preoccupazione e lo sciopero di due ore proclamato ieri dalla Fiom, contro i licenziamenti in Fiat e contro la mancata concessione del premio di risultato, dimostra che la tensione sta crescendo.

A raffreddare gli animi potrebbe essere proprio il tavolo convocato da Sacconi, «a patto – afferma Giorgio Cifarelli del Forum Cultura Impresa – che l'azienda arrivi con indicazioni sulle produzioni alternative da destinare a Mirafiori e che parte del sindacato non cerchi lo scontro a ogni costo». Lo stesso Sacconi invita l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, a non procedere unilateralmente. Un comportamento, quello di Marchionne, che ha scatenato le proteste di tutte le parti politiche. Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra ecologia libertà, parla di «politiche coloniali sulla pelle dei lavoratori» e di «scelte che mettono in discussione la credibilità del piano industriale della Fiat e del suo management».

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Chiamparino: «Marchionne non si arrenda e mantenga le promesse»

«La "T" del logo Fiat significa Torino. Se si ridimensiona, o peggio se si cancella, il ruolo di

Tags Correlati: Alessia Mosca | Fiat | Francesco Storace | Governo | Idv | Lega | Nichi Vendola | PD | PDL | Pierluigi Bersani | Savino Pezzotta | Serbia | Sergio Marchionne | Silvio Berlusconi | Sinistra | Torino | Udc

 

Per la Destra Francesco Storace ricorda che le scelte di Marchionne arrivano «dopo decenni durante i quali la Fiat ha fatto pagare agli italiani i debiti e la cassa integrazione». Per Storace si tratta di un «colpo di mano». dopo che i politici italiani non avevano capito «quanto fosse in gioco con la vicenda di Pomigliano, che la Fiat ha utilizzato per tastare il polso al governo e ai sindacati». E se il ministro dell'Interno, Roberto Maroni (Lega Nord), ripete che il trasferimento della monovolume in Serbia «non sta né in cielo né in terra», l'europarlamentare Idv Luigi De Magistris ricorda che «la Fiat ha goduto per anni degli aiuti di Stato e quindi è tenuta a una politica industriale che sia socialmente responsabile: Marchionne non può pensare di saccheggiare l'Italia, spremendo lavoratori e casse pubbliche, per poi delocalizzare».

Per Savino Pezzotta, ex sindacalista e ora parlamentare Udc, occorre che i sindacati smettano di litigare e studino una strategia comune. Mentre Alessia Mosca (Pd) sostiene che le scelte della Fiat evidenziano solo la mancanza di una politica industriale in grado di attirare aziende internazionali. In difesa di Marchionne interviene invece Giuliano Cazzola (Pdl), sostenendo che il risentimento dell'amminmistratore delegato della Fiat è giustificato dai comportamenti di sindacati e partiti di fronte al piano industriale mentre negli altri Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, la Fiat è accolta bene e aiutata a creare lavoro. (A. Gr.)

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