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Economia Politica economica

Tra stimoli e rigore Roubini indica la "quadratura del cerchio"

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2010 alle ore 18:27.

CERNOBBIO - Per uscire definitivamente dalla crisi economica è meglio la ricetta americana, di stimoli all'economia, o quella europea che predica il rigore dei conti pubblici? Il dilemma è stato uno dei temi dominanti della prima giornata del Workshop Ambrosetti a Cerobbio, dopo che Tommaso Padoa Schioppa, nell'intervista al Sole 24 Ore, si è apertamente schierato per la soluzione europea. Non la pensa così l'economista Nuriel Roubini, uno dei primi ad aver previsto la crisi finanziaria ed economica che ha colpito i paesi avanzati dal 2007. «L'austerity da sola non può essere la soluzione», ha detto il professore in una pausa dei lavori a Cernobbio. «È una parte della soluzione, ma se si punta solo sull'austerity c'è il rischio di ridare forza alla recessione».

«Nel medio termine – ha spiegato Roubini – abbiamo bisogno di avere conti pubblici sostenibili. Ma nel breve termine la misure di austerity, aumentando le tasse e riducendo la spesa pubblica, possono produrre effetti negativi sulla crescita economica, indebolendo la ripresa». Perciò, puntare solo sul rigore dei conti pubblici con misure troppo concentrate in un periodo breve, può comportare il rischio «di alimentare la recessione e la deflazione».
Serve una "quadratura del cerchio" che per l'economista può essere ottenuta «rafforzando oggi la credibilità del consolidamento dei conti pubblici». Come? «Fissando un calendario rigoroso di riduzione della spesa pubblica per pensioni, sanità e pubblica amministrazione». Solo con un percorso di rientro molto credibile, infatti, i governi – secondo Roubini – potranno adottare misure di stimolo all'economia, qualora fose necessario, senza scatenare di nuovo il panico sui mercati.

In realtà, il timore del professore della New York University, è che «attualmente gli Stati Uniti non stiano facendo nulla per risanare i conti pubblici», nonostante l'enorme debito, e nell'Eurozona, nei paesi periferici e nel Regno Unito si stia puntando solo sulle misure di austerità, «col rischio manterene in recessione qei paesi che non ne sono ancora usciti e procare una nuova caduta per chi invece ne sta uscendo». La Bce e la Commissione Ue sono troppo preoccupate dei bilanci pubblici e non tengono conto che per ridurre il deficit rispetto al pil «è necessario innescare un circolo virtuoso».

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La banca centrale europea, secondo l'economista, dovrebbe iniettare più liquidità nel sistema e più a lungo, oltre che favorire un indebolimento dell'euro per aiutare le esportazioni. Intervistato da Sky Tg 24, Roubini ha poi condiviso le affermazioni del governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che da Seul ha sollecitato l'Italia a «diventare produttiva e competitiva come la Germania». «Ha ragione», ha detto l'economista laureato alla Bocconi, sottolineando come l'Italia, «nonostante il debito pubblico», sia complessivamente messa meglio di altri paesi, grazie, tra l'altro, a «istituzioni bancarie e finanziarie molto meglio regolate». Tuttavia, «non si può abbassare la guardia». Alla Germania però Roubini rimprovera di pensare troppo all'export e poco ai consumi.

L'invito di Draghi, però, «non riguarda il sistema bancario», ha sostenuto sempre a Sky Tg24 il ceo di Intesa San Paolo, Corrado Passera. «Oggettivamente il nostro sistema bancario ha superato meglio di altri la crisi». Sulla stessa linea il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabbatini per il quale il modello tedesco «è sicuramente da imitare per l'industria. Ma le banche italiane ne hanno uno proprio, che è quello commerciale, e possono continuare a seguire il modello che hanno adottato finora».

Passera è intervenuto anche sul dilemma tra stimoli e ripresa sostenendo che «la disciplina di bilancio non è alternativa alla crescita. È necessario, però, che il mix di interventi sia equilibrato in modo tale da favorire la crescita». Per questo, per esempio, sono più utili sgravi fiscali alle pmi che ulteriori riduzioni del costo del denaro: «I tassi sono già al minimo, non credo che serva abbassarli ancora», ha detto il banchiere dissentendo dal professore.

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