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Economia Aziende

Nuove tutele per le opere d'alto design. «Anche gli italiani copiano, ma ora non potranno più farlo»

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 08:40.

Vera o falsa, che differenza fa? Sempre lampada Arco è. Peccato che quella vera, fatta con tutti i crismi, incluse le royalties per i creatori, costi dieci volte di più. Per anni è andata così, con lavorazioni parallele di tutto rispetto, fino al 4% del fatturato del legno arredo.
Non c'è voglia di brindare, quindi, nei distretti toscani di Val di Pesa, Siena-Poggibonsi, Valdarno-Arezzo, Quarrata-Pistoia, Empoli-Santa Croce, specializzati nella riproduzione seriale di mobili di design. Anzi.

Perchè dai primi di settembre, dopo i ritocchi al codice della proprietà industriale, non si potranno più riprodurre opere di alto design considerabili di pubblico dominio. Esultano le imprese che pagano i diritti agli autori per poterle riprodurre, quelle stesse che da oltre un decennio hanno ingaggiato una dura battaglia per vedere riconosciute le loro prerogative.

Rosario Messina, presidente di FederlegnoArredo, è tranchant: «Basta, per fortuna è finita. Inutile continuare a dire che i cinesi copiano. Lo si fa anche qui. Il nostro patrimonio di creatività va protetto».

Aziende come Cassina (gruppo Poltrona Frau, fondo Charme) e Vitra sono in prima linea. Alcune sono rimaste impigliate in logoranti dispute giudiziarie che hanno avuto e hanno ancora per oggetto icone sul genere della lampada Arco dei fratelli Castiglioni, riprodotta dalla Flos di Piero Gandini.

Il quale, in veste di presidente di Assoluce, l'associazione di categoria che raggruppa le aziende del settore, ha fatto di più: la vicenda Arco è finita in Corte europea di giustizia visto che, formalmente, si discute del recepimento di una direttiva europea vecchia di dodici anni.

«Il legislatore si è allineato giusto in tempo con l'imminente condanna del governo italiano da parte della Corte di Giustizia», commenta Giovanni Casucci, difensore di Flos. Precisa Gandini: «La nostra è un'azienda italiana che vive e fonda la sua politica industriale nella produzione e commercializzazione di opere realizzate da grandi o futuri grandi nomi del design italiani e stranieri, che investe nel riconoscimento di diritti a favore dei creativi. La filosofia è investire nel design per poi generare profitti grazie al valore aggiunto della creatività e qualità nella produzione».

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Per Carlo Guglielmi, presidente di FontanaArte e presidente di Indicam, l'istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione «la revisione del Codice della proprietà industriale ha il merito di aver reso giustizia al problema di offrire la giusta tutela a chi ha espresso la propria creatività nelle opere di industrial design».

«Un divieto improvviso dagli effetti devastanti, una grave minaccia per decine di aziende, 25 solo in Val d'Elsa, con 400 addetti» è l'altra campana, quella di Cna e Api Siena. Chiedono al Parlamento un dietro front, mentre l'assessore alle attività produttive della Toscana, Gianfranco Simoncini, ha perfino scritto al ministero dello Sviluppo economico.

«Non si può difendere il diritto di copiare, di lucrare sulla creatività altrui – incalza Luisa Bocchietto, presidente dell'associazione dei designers italiani Adi –. Che faranno, ora, queste aziende? Mi auguro che imparino a creare per davvero».

rita.fatiguso@ilsole24ore.com

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