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Economia Aziende

Caio (Nomura): «Servono regole per accelerare la costruzione della rete di nuova generazione»

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2010 alle ore 16:57.

GENOVA. «Lo stato intervenga con regole che consentano al capitale privato, eventualmente anche a quello pubblico, di accelerare la realizzazione della rete di nuova generazione in Italia». È questa l'esortazione di Francesco Caio, attualmente vice presidente di Nomura International ma con alle spalle una vita nel mondo delle tlc, intervistato dal sole24ore.com in occasione del convegno di Confindustria di Genova. «Certo – dice il manager - negli ultimi 18 mesi ho visto che il progetto della rete è entrato nell'agenda politica e, seppure un po' all'italiana, ci stiamo muovendo».

Tuttavia, il timore che il nostro paese arrivi in ritardo all'appuntamento non è estraneo a Caio. Anche perché «potremmo – sottolinea il super consulente -dover affrontare un duplice gap»,

Cosa intende dire?
Il primo è rappresanto dal rischio di perdere competitività rispetto ad altri stati, che si muovono più velocemente di noi. Il secondo, invece, attiene la modalità di sviluppo della nuova rete.

Cioè?
Alcune parti del nuovo network possono essere implementate in modo lineare: se crescono gli utenti, aumenta anche il traffico. Di conseguenza l'investimento, che incrementa la capacità di trasmissione, si ripaga con le nuove revenues. Diverso, invece, il discorso sulla componente dell'accesso della rete fino a casa. Qui c'è bisogno di grandi investimenti che, giocoforza, devono essere pianificati su tempi lunghi. Il rischio è che, a fronte per esempio di elettromestici che sempre più consumano banda larga, potremmo arrivare al picco di domanda di bit, senza essere in grado di soddisfarla.

Ma la creazione di una nuova rete è davvero un volano per uscire dalla crisi?
Certamente. A mio modo di vedere i benefici i sviluppano su due livelli. Il primo, attiene agli investimenti necessari per aggiornare le reti. Un impegno di infrastruttura che, da subito, mette in moto attività lavorative sia civili sia tecnologiche. Il secondo, invece, è legato all'innovazione. Lo abbiamo visto in quei paesi, come la Corea, che hanno fatto uno sforzo enorme in questo senso e sono riusciti a trarre enormi benefici in termini di competitività di sistema. Ma gli stessi Stati Uniti, che negli ultimi anni hanno solo mantenuto la rete aperta, hanno innescato un processo di innovazione digitale importante .

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Tornando all'Italia: all'occhio del profano sembra di essere in una situazione di stallo…
In effetti, se si guardano le cose giorno dopo giorno può sembrare così. Ma il dibattito è concretamente avviato. La questione, a ben vedere, è che ciasuno degli operatori ha obiettivi e necessità differenti. Telecom Italia, giustamente dal suo punto di vista, vuole "tirare" il più possibile l'investimento sul rame. Le alre compagnie, che hanno sofferto di questa situazione, invece perseguono altre strade. Ciò che è importante capire è che la costruzione di una nuova rete, in aree densamente popolate, è un investimento che si può fare una sola volta. Si tratta di un monopolio naturale e come tale va disegnatoe regolato.

Va bene, ma dove trovare i soldi? Lei ha stimato una cifra di 10 miliardi: con l'attuale crisi e gli indebitamenti delle gradi compagnie tlc è difficile pensare a ingenti investimenti…
La possibilità può esserci. La nuova rete verrebbe dedicata non solo al trasporto dei dati, ma anche alla voce. Andrebbe a sostituire quel sistema che attualmente raccoglie i canoni mensili per le telefonate e il trasferimento dei dal sul web. Se ben organizzati e pianificati, si tratta di progetti che trovano nei mercati internazionali i giusti finanziamenti. Poi, ovvio, c'è il momento dell'avvio dell'operazione. Ma qui si torna al tema delle regole che lo stato deve individuare. L'impegno deve essere a livello di sistema, anche perché i piani di singoli gruppi che, fino ad ora, ho visto non mi sembrano sufficienti a realizzare quella rete super veloce di cui un paese del G7, come l'Italia,ha bisogno.

Cambiando discorso: si è aperta una discussione sull'attendibilità dei media digitali in seguito alle polemiche sulla cronaca nella giornata in cui Alessandro Profumo ha dato le dimissioni da ceo di UniCredit. Lei cosa ne pensa?
Biosgna ricordare che la rete è neutra, è solo uno strumento. Si fa confusione tra il declino dei giornali e il declino del giornalismo. A ben vedere il declino del giornalismo non c'è. Quando ero ragazzo si diceva "l'ha detto la tv"; adesso si incomincia a dire "l'ha detto internet". Il tema è sempre quello: la verifica delle fonti. Le nuove tecnologie non esimono il reporter dal fare controlli puntuali sulla veridicità della notizia. Semmai, bisogna rendersi conto che il web è diventatato una polis virtuale. E come nella polis reale ci sono delle regole, così dev'essere anche in quella digitale. Che, peraltro, deve comunque rimanere e restare aperta.

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