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Economia Lavoro

Come costruire la leadership femminile. Video e mini vocabolario

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2010 alle ore 20:21.

Guarda le video-interviste di Sara Bianchi

Milano chiama, Oslo risponde. Ma anche Parigi, Vienna, Melbourne, Barcellona. Il panel internazionale, che ha dato lustro al quarto Forum Cultura d'impresa-Leadership femminile organizzato dal Sole 24 Ore a Milano, è stato prodigo di consigli e incoraggiamenti alle donne italiane, strette tra assillanti compiti di cura della casa e dei familiari e pressanti impegni al lavoro. O del tutto fuori dal mercato del lavoro.

Anche gli italiani del panel, composto da 24 opinion leader, non si sono fermati all'analisi cruda dei numeri (solo 13% le dirigenti, solo 6% le donne nei consigli d'amministrazione, solo 46% quelle con un'occupazione). Ne è risultato un puzzle di idee e suggerimenti molto apprezzato dai 300 in sala e dalle migliaia di navigatori collegati in streaming video. Ecco un piccolo vocabolario dei termini e dei temi più ricorrenti, emersi nelle nove ore di dibattito.

A come autopromozione. Cristina Finocchi Mahne (consigliere di amministrazione di Pms group e componente del comitato direttivo della Fondazione Bellisario) ha insistito sulla necessità per le donne di comunicare con il proprio team di lavoro, ma anche con il mondo esterno, attraverso il networking nei propri ordini professionali o a livello associativo. Soprattutto, bisogna promuovere e incoraggiare nei gruppi di lavoro un clima di ascolto e il gusto di divertirsi mentre si lavora. «Persone felici lavorano meglio e di più». Non facile, in epoca di ripresa esile senza occupazione, determinata da una crisi economica devastante. «Ma ciascuno nel proprio ambito individuale può provarci ed esercitarsi per raggiungere questi obiettivi», ha detto.

B come bassa propensione al rischio. Alessandra Perrazzelli, responsabile degli Affari internazionali di Intesa Sanpaolo e amministratore delegato di Sanpaolo Eurodesk, nominata da un mese presidente di Valore D ha ricordato che se le banche italiane sono riuscite a scavalcare indenni la crisi finanziaria il merito va alla bassa propensione al rischio. «L'atteggiamento prudenziale è una delle caratteristiche tipicamente femminili che aiuterà a superare la crisi», ha sottolineato. Prudenza ma coraggio: l'importante è non perdere di vista gli obiettivi.

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C come condivisione dei carichi familiari. Elisabet Norderup Michelson, imprenditrice dell'anno 2010 in Norvegia, ha riaperto il dibattito sui congedi di paternità (una proposta sulla quale si è recentemente aperto l'iter parlamentare a Strasburgo e sulla quale si discute anche nel Parlamento italiano). «Una più equa suddivisione dei compiti in famiglia - ha detto l'imprenditrice norvegese - libererebbe energie femminili da investire sul mercato del lavoro». I papà sono chiamati a una forte presa di responsabilità nella crescita dei figli. Ma per raggiungere le pari opportunità tra le mura domestiche è necessario svecchiare i patti familiari sfatando il mito delle «cattive madri».

G come Gender gap. Donatella Treu (Ad del Gruppo 24 Ore) ha ricordato le cifre del divario di genere occupazionale. «Secondo il World economic forum sul gender gap, l'Italia è passata dal 67esimo posto del 2008 al 74esimo del 2010. Se guardiamo all'accesso e alle opportunità delle donne nel mondo del lavoro, siamo al 95esimo posto su un panel di 134 paesi. Dal 30% della forza lavoro femminile del 1960 siamo passati al 46% attuale: quindi le italiane non sono andate molto oltre la grande infornata del boom economico». Treu si è detta comunque ottimista sulle prospettive future, grazie alla forte necessità di risultati e merito che emerge dal tessuto produttivo del paese e alla indiscutibile maggiore efficacia dei team di lavoro misti uomini-donne e giovani-esperti, certificata da molte ricerche.

M come Motore dell'economia. La ricerca A.T. Kearney presentata dalla partner Monika Stoiber ha evidenziato come, su sette fattori che cambieranno il business nel prossimo futuro, il più forte sia il women economic power. «Le donne già oggi guadagnano 13 triliardi di dollari all'anno, globalmente: più del Pil cinese (4,4) e di quello indiano (1,2). Sono quindi il vero motore della crescita dell'economia mondiale. Spetta alle imprese intercettare questo enorme flusso di denaro, indirizzato al risparmio, ma anche all'acquisto di più dell'80% dei beni e servizi che entrano in una famiglia». Quattro le tipologie di consumatrici: le cultural catalyst (11% del totale, pioniere dotate di forte capacità di spesa), le social catalyst (35% del totale, le maggiori «avvocate» dei brand), le natural hybrid (il 34%, alla ricerca di prodotti classici), le content responsible (20% del totale, clienti fedeli e di lunga durata). Il marketing aziendale, però, non parla a loro, ma ai loro mariti e compagni. Che però, in casa, contano meno.

P come Pippi Calzelunghe. La «Rivoluzione womenomics» (citando il titolo del libro di Avivah Wittenberg-Cox edito in Italia dal Sole 24 Ore) deve partire dalla culla. Se le donne fanno tanta fatica a sfondare il tetto di cristallo, infatti, la colpa va anche alle favole con le quali sono cresciute: da Cenerentola e Biancaneve in poi. Ora è arrivato il momento di abbandonare quei modelli. Lucia Castellano, direttore dell'Istituto di detenzione sperimentale di Bollate, ha sposato quello di Pippi Calzelunghe. «Un modello fuori dagli schemi che ci insegna a esprimerci in maniere inusuali - ha detto - ma corrispondenti a ciò che siamo e che vogliamo essere, fuori dagli schemi nei quali soliltamente si vuole che siamo incanalate». Forse non basta. Ancora una volta, sebbene il 50% delle carceri italiane siano dirette da donne, sono soltanto tre su 60 le dirigenti generali nel sistema penitenziario nazionale.

Q come Quote rosa. La responsabile del governativo Centro per le pari opportunità aziendali in Norvegia, Marit Hoel, ha evidenziato i vantaggi delle quote rosa al 40% nei consigli d'amministrazione delle società quotate in Borsa. «Le donne introdotte nei board erano super-qualificate, più degli uomini sostituiti; di conseguenza, gli altri consiglieri uomini sono stati scelti necessariamente di un livello superiore a quello pregresso, per stare al passo con le ottime competenze femminili. Ciò ha provocato un innalzamento della qualità complessiva dei board, con benefici diretti per le aziende. Le quali hanno risposto a un sondaggio governativo promuovendo a pieni voti le loro componenti di board». Appello finale al nostro paese: «Italia, non avere paura delle quote rosa. In Norvegia nessuna azienda è fallita, il gradimento è stato alto, si è dato spazio al merito e al talento».

R come risultati. Pierluigi Antonelli, presidente e amministratore delegato di Bristol Myers Squibb Italia, ha confermato che team a forte componente femminile producono risultati maggiori, anche a livello industriale. «Su 11 riporti diretti a me, ho 4 donne in posizioni chiave e nel nostro cda internazionale 3 membri su 5 sono donne. Questo empowerment femminile scende lungo tutte le linee gerarchiche dell'azienda e ci ha consentito anche di vincere il Premio Noi di Confindustria, come best practise italiana in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei nostri dipendenti».

S come squadra. Perché sono poche le bambine a praticare sport di squadra? Alessandra Perrazzelli, responsabile degli Affari internazionali di Intesa Sanpaolo nonché amministratore delegato di Sanpaolo Eurodesk e presidente di Valore D, ha portato l'esempio del suo team a maggioranza femminile dove la parola d'ordine è condivisione. «Propongo un'organizzazione lavorativa fondata sulle sinergie: responsabilità condivise e scambi di idee da prospettive differenti, per creare un sistema di fertilizzazione incrociata. Ma l'obiettivo che mi interessa di più - ha aggiunto - è creare leader».  Una strategia motivazionale? Non solo. Perrazzelli sottolinea che mentre gli uomini sono tradizionalmente più interessati al mantenimento dello status quo, le donne sonno portate alla condivisione delle skills e al trasferimento della conoscenza.

T come talento. Luisa Rosti (docente di politica economica e di economia di genere all'Università di Pavia) ha incassato applausi scroscianti per la sua teoria che le imprese dovrebbero prendere esempio dagli eserciti. Nelle più alte gerarchie militari, infatti, di solito arrivano davvero i talenti migliori, perché altrimenti in guerra l'esercito sarebbe perso dai molti errori degli impreparati e con esso sarebbe persa la guerra. Le persone di talento, infatti, non sono quelle che non sbagliano mai, ma quelle che sbagliano poco. Se le imprese applicassero questo criterio, in vetta arriverebbero i migliori, uomini e donne, «quelli col cervello più grande, per banalizzare». Invece, la piramide ascensionale delle donne è bloccata dal soffitto di cristallo che ne ostacola l'ascesa: «quindi in vetta non arrivano necessariamente i cervelli più grandi, ma possono arrivare anche dei cervellini, con grave danno per le imprese e la società». La visualizzazione grafica della piramide, suffragata da una mole consistente di citazioni della letteratura in materia, ha scatenato l'ilarità generale.

Z come Zero scuse. L'importante, hanno concluso tutti i relatori, è non tirarsi indietro. Le donne devono accettare la competizione negli uffici, studiare efficaci strategie per la conciliazione dei tempi di vita personale e familiare e di lavoro. Anche, se necessario, tornando sui banchi. A studiare leadership. È questo l'obiettivo che si prefigge la terza edizione del Master del Gruppo Sole 24 Ore «Donne e Business - Costruire la leadership» che si aprirà a Roma mercoledì 10 novembre (per informazioni e iscrizioni: www.formazione.ilsole24ore.com).

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