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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2010 alle ore 13:11.
NAPOLI. Le imprese italiane sono sempre più a caccia di profili tecnici. Nel 2008, prima della crisi, le aziende non trovavano sul mercato 181mila diplomati tecnici e professionali e nel 2009, nonostante la crisi, non sono riuscite a trovarne 84mila. Si va a caccia anche di laureati in ingegneria (lo scorso anno ne mancavano all'appello 13.600), in materie economiche-statistiche, -11.600, e medico-sanitarie, -8mila unità. I numeri sono stati snocciolati stamane a Napoli, da Confindustria Education, nel corso della XVIIesima giornata nazionale di Orientagiovani, quest'anno dedicata a "La musica delle tecnologia".
Numeri in chiaroscuro anche nel 2010, in fase di (lenta) ripresa economica: il gap tra domanda del settore privato e offerta di diplomati con competenze pratiche sfiora le 110mila unità, precisamente 109.826, nonostante l'industria meccanica italiana valga 60 miliardi di euro, più del valore aggiunto dell'industria farmaceutica dei 27 Paesi dell'area europea.
Peccato però che il 67% di colletti bianchi ignori che siamo il secondo paese manifatturiero in Europa (dopo la Germania) e senza gli istituti tecnici non esisterebbero molte importanti realtà del made in Italy. La riforma dell'istruzione tecnica partita quest'anno nelle prime classi, ha sottolineato il vice presidente di Confindustria per l'Education, Gianfelice Rocca, «rappresenta un'occasione preziosa per mettere a punto nuovi modelli didattici e organizzativi e rilanciare così l'istruzione tecnica, vera e propria cura antiprecariato». E poi non è vero, ha aggiunto, che un percorso di studio tecnico-scientifico escluda l'accesso all'università: «la metà dei diplomati tecnici prosegue negli studi e il 25% di ingegneri provengono da istituti tecnici». «Lasciamo ai ragazzi la libertà di scegliere, ma ricordiamo loro che le imprese per un loro rilancio hanno bisogno di professionalità pratiche».
E i primi numeri sulle iscrizioni 2010-2011, nonostante le gravi lacune nell'orientamento, dovute alla rapida approvazione (ed entrata in vigore) della riforma del secondo ciclo, testimoniano una crescita del filone tecnologico-scientifico. Confrontando i dati dello scorso anno degli immatricolati agli Istituti tecnici industriali (Iti) e dell'opzione scientifico-tecnologica sperimentale presente negli Iti, con i dati delle pre-iscrizioni di quest'anno, si nota una crescita complessiva dell'1,6 per cento. Il calo invece dello 0,8% registrato negli ex Istituti tecnici commerciali (Itc) e attuali Istituti tecnici del settore economico, secondo Confindustria, è dovuto all'esodo degli ragazzi verso il nuovo liceo delle scienze umane, opzione economico-sociale, che cresce dell'1,6 per cento.