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Nel Veneto inondato arrivano i politici ma resta la rabbia per il ritardo negli aiuti

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2010 alle ore 08:08.

Si sono ribellati, spingendosi a minacciare uno sciopero fiscale in mancanza di aiuti all'altezza della (drammatica) situazione. La provocazione è servita per farsi ascoltare, far vedere il dissesto di un territorio ferito. Oggi "saliranno" da Roma, per conferire col governatore del Veneto Luca Zaia, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Domani toccherà al presidente della repubblica Giorgio Napolitano. La politica cerca di recuperare il tempo perduto, anche perché rabbia e frustrazione in questi giorni passati a combattere contro acqua e fango hanno accresciuto il senso di solitudine e distanza del Nord-Est rispetto allo stato. Vincenzo Boccia, vicepresidente di Confindustria e presidente della Piccola Industria ritiene «necessario l'immediato insediamento di un tavolo governativo» per affrontare quella che definisce «una priorità nazionale».

Quanto alle provocazioni, la posizione degli imprenditori veneti è chiara: rimanere nella legalità, ma fare qualcosa. Sono concordi nell'affermare che, senza parlare di sciopero fiscale, bisogna agire sulla leva delle imposte per ottenere risorse da poter usare immediatamente e rimediare ai danni provocati dal maltempo. Andrea Tomat, presidente degli industriali della regione è chiaro: «Siamo per le cose concrete – dice –, e in questo momento serve un'azione concreta. A novembre è previsto il pagamento dell'anticipo Irpef allo Stato: chiediamo di utilizzare questi nostri soldi sul territorio. Non si tratta di una provocazione, quel denaro appartiene ai veneti, costituisce il nostro saldo attivo». È in linea con il governatore Luca Zaia, dunque, il presidente di Confindustria Veneto, che ribadisce: «Chiediamo che, in seguito alla sua nomina a commissario di governo per l'emergenza alluvione, gli vengano date le risorse e gli strumenti necessari per risolvere i problemi». «E per quanto riguarda lo stanziamento dal governo – conclude Tomat – i 20 milioni promessi possono servire solo a coprire le primissime spese, ma l'ordine di grandezza del problema si aggira sul miliardo di euro».

Stessa lunghezza d'onda per il presidente di Confindustria Padova, Francesco Peghin: «Condivido la proposta allo studio della regione: consentire al Veneto di versare gli acconti Ires e Irpef di fine novembre e quello Ici di metà dicembre direttamente nelle casse del Commissariato per l'alluvione, sulla base di un accordo con il governo. Per le popolazioni e le imprese così gravemente colpite vanno sospese scadenze fiscali e previsti sgravi mirati».

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Più cauto Alessandro Vardanega, presidente dell'associazione degli imprenditori trevigiani, il quale fa una proposta concreta: «Non dobbiamo fare altro che applicare la Costituzione e in particolare gli articoli 116 e 117 – dice –. Il primo parla della possibilità della regione di gestire materie in cui ci può essere un potere di legislazione concorrente con lo Stato, il che significa che su alcune materie la regione può concorrere, assieme allo Stato, nella gestione. Il secondo articolo citato specifica quali siano le materie, cioè la protezione civile e il governo del territorio». In pratica, specifica l'imprenditore trevigiano, se è vero che la Costituzione assegna alla regione il governo del territorio, «la regione può farsene carico, concordando con lo Stato quali e quante risorse dovrebbero essere lasciate per attuare tale governo». «Questo dramma – continua Vardanega – può trasformare il Veneto in formidabile acceleratore del federalismo».

Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona, capisce la rabbia, ma preferisce non farsi coinvolgere dai sentimenti estremi: «Da noi circa il 30% delle aziende hanno subito danni diretti, nel senso che sono state inondate. Un altro 40% ha subìto danni indiretti, come lo stop alla produzione. La rabbia? Posso capirla ma è fondamentale agire nella legalità. I miei interlocutori sono il prefetto, la regione e la provincia: a loro chiedo di fare di più e in maniera coordinata».

L'irritazione di Gianni Zonin è riservata anche al ritardo e all'inadeguatezza degli aiuti dello stato fin qui annunciati: «Basteranno a coprire le spese dei tecnici chiamati a fare l'inventario dei danni», provoca. E fa un confronto con la banca da lui presieduta, la Popolare di Vicenza, che ha sbloccato 100 milioni in finanziamenti a tasso agevolato a imprese e famiglie.

Il presidente degli industriali di Venezia, Luigi Brugnaro, se la prende anche con i media, che si sono occupati male e in ritardo delle inondazioni e del loro impatto socio-economico: «Guardavo i Tg e sembrava stessero parlando dell'allagamento di qualche cantina», ironizza.

Intanto, ieri è stata un'altra giornata di pioggia sul Veneto. Sono ancora 121 i comuni dichiarati in difficoltà, 6mila gli sfollati e 500mila le persone coinvolte. Le attività commerciali ferme. Solo nel Vicentino Confcommercio ha calcolato che i danni sono arrivati già a 40 milioni e in generale in città si contano danni per 150 milioni. Nel Padovano sono un'ottantina le aziende più colpite, tra industriali e artigiane: i danni vanno dai 200mila ai 5 milioni per azienda. La Cia stima danni per 250 milioni.

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