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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2010 alle ore 15:49.
No a qualsiasi arretramento sulla vendita dei farmaci senza obbligo di ricetta medica nelle parafarmacie e nella grande distribuzione: comporterebbe un «danno grave per il paese». Lo ha sottolineato Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, nel corso dell'audizione in commissione Sanità al Senato dov'é in discussione il disegno di legge di riforma della distribuzione dei farmaci. Al contrario, secondo il presidente, occorrerebbe consentire la vendita nei canali alternativi anche dei farmaci di fascia C, per i quali è obbligatoria la ricetta, ma il cui prezzo è a carico del cittadino. L'Antitrust ha anche chiesto di rivedere le piante organiche delle farmacie per arrivare a una loro liberalizzazione, di riformare il sistema di retribuzione dei farmacisti e frenare la fuga della ricerca.
Catricalà ha sottolineato che «dopo meno di quattro anni, la sperimentazione effettiva di una sia pure limitata liberalizzazione del sistema trova riscontri positivi». I prezzi medi, infatti, «sono cresciuti di più in farmacia (+3,4%) che nelle parafarmacie (+2,7%) e nella Grande distribuzione organizzata (+2,6 per cento). Il risparmio di spesa generato dagli sconti parafarmacie é stato pari a 24 milioni nel 2009, su un totale di spesa per i farmaci senza obbligo di prescrizione pari a 2,2 miliardi».
Non la pensa così Federfarma. Secondo la presidente , Annarosa Racca,«demolire le regole che oggi garantiscono il buon funzionamento del servizio farmaceutico sarebbe solo un danno». Il presidente dell'Antitrust, ha spiegato Racca, «continua, ad esempio, a sostenere che l'eliminazione della pianta organica delle farmacie andrebbe a vantaggio del cittadino che, da una maggiore concorrenza tra farmacie, otterrebbe benefici in termini di risparmio e di facilità di accesso al farmaco. Questa affermazione é tutta da dimostrare. La Corte di giustizia europea ha detto esattamente il contrario: le regole servono a tutelare il cittadino». Piuttosto che liberalizzare, per Racca «é necessario dare piena attuazione alla normativa vigente, fare i concorsi e consentire l'apertura delle farmacie dove effettivamente servono. In questo modo si risponderebbe realmente ai bisogni dei cittadini».
Il Codacons condivide in pieno l'analisi di Catricalà ed invita Governo e Parlamento a proseguire nell'opera di liberalizzazioni iniziata con la prima lenzuolata Bersani e poi interrotta con la mancata approvazione della terza lenzuolata. Per l'associazione di consumatori, quindi, «si deve al più presto consentire di vendere nei supermercati non solo i farmaci da banco ma, come minimo, anche i farmaci di fascia C». D'altronde, secondo il Codacons, «è evidente la contraddizione dell'attuale normativa: da un lato si obbligano i supermercati a far vendere i medicinali da un farmacista, impedendo un abbattimento dei costi, dall'altro non si consente loro di vendere anche gli altri farmaci. Il ministro della Salute Ferruccio Fazio, inoltre, dovrebbe affrontare anche il problema della durata eccessiva che viene concessa alle industrie farmaceutiche per sfruttare i loro brevetti, durata che ritarda l'introduzione dei farmaci equivalenti e il conseguente risparmio. Ricordiamo che in Italia i prezzi dei farmaci equivalenti sono più alti del 25% della media dei prezzi europei e questo perchè le industrie da un lato sfruttano la scarsa concorrenza nel settore per imporre prezzi più alti rispetto al resto d'Europa e dall'altro perchè compensano quanto fanno risparmiare allo Stato per i prezzi dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale (classe A e H),