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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 20:06.
Per ora, e potremmo dire per fortuna se si pensa agli effetti della nuova tempesta che si sta abbattendo sull'euro, i conti pubblici italiani non evidenziano elementi di sofferenza o di preoccupazione. Il dato relativo al fabbisogno dei primi undici mesi del 2010, reso noto dal ministero dell'Economia, evidenzia un passivo di 76,9 miliardi rispetto agli 88,6 del 2009, anno in cui il Pil è caduto del 5% per effetto della crisi finanziaria globale.
Circa 11,8 miliardi in meno, dunque, che per il ministero dell'Economia sono da attribuire per gran parte al «buon andamento delle entrate fiscali». Performance che compensa il venir meno del versamento del contributo di solidarietà che l'Unione europea versò lo scorso anno per il terremoto dell'Aquila. Quanto alle spese, la nota del ministero mette in luce come il maggior impatto sul fabbisogno dei flussi finanziari netti con la Ue e della spesa delle amministrazioni centrali sia in parte compensato «da una contenuta dinamica dei prelievi delle amministrazioni locali dai conti della tesoreria statale».
Quanto al mese di novembre, il fabbisogno è stato di circa 5 miliardi, leggermente inferiore (200 milioni) all'analogo dato dello scorso anno. Per l'anno in corso, anche stando alle ultimissime previsioni della commissione europea, il target di un deficit al 5% del Pil fissato dal governo dovrebbe essere a questo punto a portata di mano. I problemi cominceranno a insorgere dal 2011, quando Bruxelles stima un deficit al 4,3%, vale a dire lo 0,4% in più rispetto al 3,9% indicato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: 7 miliardi di scarto che secondo diversi esponenti dell'opposizione renderà necessaria una manovra aggiuntiva entro la prossima primavera.
Anche per il 2012 è prevedibile secondo Bruxelles che l'obiettivo del 2,7% previsto dal governo non si realizzi: piuttosto si arriverà al 3,5 per cento. È l'effetto della minore crescita: 1,1% nel 2011 e 1,4% nel 2012, contro l'1,3% e il 2% stimati dal governo). Ovviamente il tutto a bocce ferme. Il quadro potrebbe evolvere diversamente se da Bruxelles, già con la riunione del Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre, giungesse un invito più diretto all'Italia perché riduca il debito a un ritmo più sostenuto dell'attuale.