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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 18:29.
6. A partire dal 1977 al modello di linea produttiva rigida, che fornisce prodotti identici per molti anni, si va sostituendo un modello a flessibilità accentuata: cui ogni reparto può fornire elementi diversi, secondo programmi quantitativi e mix qualitativi variabili nel tempo.
da Lavorare in Fiat, di Marco Revelli, Garzanti, 1989
Quello del 1980 fu il primo conflitto reale in una fabbrica già trasformata dall'innovazione tecnologica. Se - scrive Revelli - nessuno dei 23 mila cassintegrati tornò nell'impianto alla scadenza dell'accordo e Fiat potè assorbire un calo di manodopera così massiccio si deve proprio a questo. Nei giorni più duri della lotta, la fabbrica aveva mutato cuore. E al posto degli uomini aveva cominciato a mettere arnesi meccanici sulle linee. Tra le tante sconfitte che porta con sé la marcia del 1980, c'è dunque anche questa. La smentita dell'ottimismo progressivo, dell'idea di fatale avanzamento della classe operaia nel farsi e nell'evolversi della tecnologia. La liquidazione della classe operaia - questo assegna Revelli al 1980 - fu il prodotto del futuro, non un rigurgito del passato. Anche per questo, dopo gli anni di Valletta e dell'istituzione totale, dopo quelli della Comunità operaia e dell'autunno caldo, il conflitto - filo rosso che lega la storia della Fiat in ognuna delle sue versioni - dà vita ad una comunità di sopravvivenza. Senza voce né destino. E' la fine dell'ultima speranza, quella nelle magnifiche sorti progressive iscritte per destino nelle dinamiche tra capitale, lavoro e mezzi di produzione. A perdere, nell'evolversi della storia, è stato il lavoro.