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Economia Lavoro

Il Lingotto si rafforza in Chrysler

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 07:42.

DETROIT. Fiat sale al 25% di Chrysler e promette: per arrivare al 51% dell'azienda americana non venderemo nessuna delle attività in Italia: né Magneti Marelli, né Iveco, né la quotazione di Ferrari, né Alfa Romeo. «Ci teniamo stretto tutto» ha detto ieri John Elkann nell'incontro che lui e l'amministratore delegato Sergio Marchionne hanno tenuto con la stampa italiana qui al Salone di Detroit. Anche se offrono un sacco di soldi? «Anche se offrono un sacco di soldi», ha tranciato il presidente e maggiore azionista della Fiat. Chiuso anche, secondo Marchionne, il discorso con Daimler per il consolidamento nei camion. Ma non basta: in un incontro successivo, Elkann ha aggiunto che Fiat Industrial è interessata ad acquistare le attività di Volkswagen nel camion, qualora il gruppo tedesco volesse vendere. Da venditore ad acquirente, insomma, nello spazio di una convulsa giornata a Detroit, anche se dalla Germania non è mai arrivato alcun segnale che possa far pensare a un disimpegno di Vw dai veicoli industriali.

Il primo passo per crescere, il Lingotto lo ha comunicato ufficialmente ieri: Fiat ha raggiunto il 25% della Chrysler, avendo realizzato il primo step di cooperazione richiesto dal contratto del 2009; più precisamente, l'avvio della produzione negli Usa del motore Fire destinato alla versione nordamericana della Fiat 500. Un passo scontato, ma che ha riacceso le speculazioni sulla possibile conquista del 51% di Chrsyler già nel 2011. La Borsa ha preso nota, e ha spinto le azioni Fiat spa di nuovo al rialzo dell'1,4% a 7,55 euro.

Marchionne ha detto ieri che «il negoziato per il rifinanziamento dei debiti di Chrysler è in corso e cercheremo di vedere dei risultati entro il 1° o 2° trimestre 2011». A questi fondi si aggiungeranno quelli in arrivo dal dipartimento Usa dell'Energia. Sono già partiti anche i contatti con i governi di Usa e Canada. «L'unica cosa che interessa a loro e di essere ripagati al più presto sui prestiti» ha detto il manager. «Prestare soldi non è il loro mestiere».

Per far quadrare il cerchio bisogna definire la scansione dei tempi fra l'aumento della quota Fiat e il ritorno in Borsa di Chrysler. Un'operazione, quest'ultima, che potrebbe anche far affluire fondi direttamente nelle casse della società. «È una delle opzioni» ha detto Marchionne. Per realizzare questo piano, ha ribadito il manager, non servirà cedere altre attività. «La Fiat può fare quello che deve fare con Chrysler senza bisogno di nulla».

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Tags Correlati: Alfa Romeo | Borsa Valori | Brasile | Chrysler | Detroit | Ferrari | IVECO | John Elkann | Magneti Marelli | Partecipazioni societarie | Sergio Marchionne | Torino | Volkswagen

 

I piani dell'alleanza prevedono la 500 elettrica negli Usa nel 2012 e un ibrido Chrysler dal 2013; tra un paio di mesi arriverà sul mercato Usa la 500 a benzina. «Non abbiamo ancora iniziato la raccolta ordini. Le prime andranno in Brasile; quelle per il mercato Usa verranno prodotte da fine febbraio». Negli Usa tornerà anche Alfa Romeo: «Probabilmente entro il 2012, probabilmente con la Giulia che si basa su una piattaforma già americanizzata».
La Giulia Alfa Romeo è una delle auto che dovrebbero essere prodotte a Mirafiori. Il dossier Mirafiori è più volte tornato a galla nella conversazione di ieri. «Che votino. Se otteniamo il 51% investiremo, altrimenti torniamo a Detroit a festeggiare la ripresa del mercato» ha ribadito Marchionne sul referendum di venerdì. Elkann si è detto «fiducioso che il buon senso prevalga»; sia lui che Marchionne saranno a Torino giovedì e venerdì, nei giorni del referendum.

Per quanto riguarda l'atteggiamento della Fiom, Marchionne ha detto che «è completamente impossibile discutere con qualcuno che considera tutto quello che facciamo noi illegittimo. Peraltro il referendum non l'abbiamo chiamato noi, è stato convocato dai sindacati». Il manager italo-canadese non ha voluto quantificare i risparmi per Fiat del cambio di contratto a Mirafiori: «Utilizzare un investimento da un miliardo su due turni o tre, fa una differenza enorme». E le stelle a cinque punte comparse sui muri di Torino? Ha paura? «Sono cose che non mi fanno piacere, ovviamente. Ma la cosa che mi dà più fastidio è il fatto che stiamo strumentalizzando in maniera totalmente sbagliata un progetto nato con le migliori intenzioni.La Fiat si sta sostenendo da sola, si sta assumendo rischi enormi e ha portato un altro costruttore in Italia. Essere trattati così è veramente osceno». Quanto al governo italiano, per Marchionne «ha fatto quello che poteva. Ci ha dato sostegno e ha condiviso l'obiettivo che ci siamo posti. Non abbiamo chiesto nient'altro. La collaborazione economica con il governo che c'è stata qui negli Usa e in Brasile, in Italia – ha osservato il manager – sarebbe stata interpretata come l'ennesima richiesta di aiuti».

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