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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2012 alle ore 07:51.

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ROMA
La lupa capitolina che allatta i gemelli Romolo e Remo è forse l'unica cosa che a Roma non è ancora rimasta a secco.
La crisi di liquidità del Comune – che ha un bilancio 2011 di 9,8 miliardi, pari a quello della Regione Calabria – è profonda. Il bilancio è composto per oltre 4 miliardi e mezzo relativi alla parte corrente, quasi 2 per il piano di investimenti ai quali vanno sommati tre miliardi per gli investimenti con fondi privati in project financing . In particolare a soffocare il Campidoglio sono il mancato incasso di circa due miliardi da parte del Commissario di governo al debito, di cui sono entrati solo 450 milioni, e i 700 milioni dovuti dalla Regione per il trasporto pubblico locale.
Il debito è imponente. Quando, nel 2008, il sindaco Gianni Alemanno si è insediato, era di 12,4 miliardi. L'ultimo conteggio della struttura commissariale indica 9 miliardi ma bisogna tener conto che non è stato ancora ultimato il complesso accertamento delle partite creditorie e debitorie. È come se su ciascun romano gravasse un onere di 3.239 euro e su una famiglia-tipo, composta di quattro persone, un “peso” di 12.959 euro. E il Comune fa fatica a rientrare da questo fardello.
Lo scorso anno le quietanze dei creditori sono andate ad un ritmo ridotto rispetto all'anno precedente: 5mila i mandati di pagamento per un totale di 38 milioni (rispetto agli 82 del 2010) andati a 640 fornitori. Senza contare che il Consiglio di Stato ha rimandato alla Consulta la decisione su un aspetto del decreto legge con il quale nel 2008 il Governo affidò la gestione del debito pregresso alla gestione commissariale.
«Il rientro dal debito non deve avere punti di contatto con il bilancio» ricorda al Sole-24 Ore il sindaco Alemanno ma forse non è proprio così come denuncia il capogruppo del Pd in Campidoglio Umberto Marroni. «A parte le voci che sono ancora ballerine – dichiara Marroni – se la gestione commissariale non ha la possibilità di onorare un debito fa ricorso alle anticipazione del bilancio, con obbligo di restituzione. Meglio riunificare la gestione ordinaria del bilancio del Comune con la gestione straordinaria del piano di rientro. Rispondendo a un question time in Commissione bilancio della Camera del 2 febbraio 2012, il Governo ha ammesso che la normativa sul piano di rientro del Comune dal debito prima del 2008 non prevede l'obbligo di pubblicare il rendiconto delle attività del Commissario e ha opportunamente aggiunto che, in ossequio a un principio generale di trasparenza amministrativa, potrebbe essere valutata l'opportunità di adottare forme di pubblicità del rendiconto. Lo Stato non tiene fede agli impegni e c'è troppa confusione».