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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2012 alle ore 07:00.

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La legalità competitiva del rating antimafia. Nella foto Antonello Montante, delegato di Confindustria per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorioLa legalità competitiva del rating antimafia. Nella foto Antonello Montante, delegato di Confindustria per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio

Far diventare pratico l'essere normale. Giuseppe Catanzaro, 45 anni, vicepresidente di Confindustria Sicilia, imprenditore agrigentino a capo di un gruppo che da decenni realizza e gestisce impianti per il trattamento dei rifiuti, non poteva essere più efficace nella descrizione del rating antimafia. La proposta – lanciata da Antonello Montante, delegato di Confindustria per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio – è l'uovo di Colombo: mettere a punto un rating antimafia per le aziende che adottano, ad esempio, codici anticorruzione e denunciano il racket delle estorsioni, aiutandole nella battaglia quotidiana della legalità a partire dalla possibilità di accedere al credito più velocemente.

Da subito il Governo si è detto d'accordo e moltissime sono state le adesioni, non solo nel mondo della politica ma anche in quello delle associazioni. Ora inizia la battaglia più difficile: recepire rapidamente nell'ordinamento la proposta e approntare altrettanto velocemente i parametri per far sì che le imprese pulite accedano più rapidamente al credito. Un passo decisivo è stato la previsione nel decreto liberalizzazioni: «del rating attribuito - si legge nell'emendamento approvato al Senato e ora alla Camera - si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario». Il passo successivo sarà l'istituzione di un tavolo tecnico che veda camminare insieme Confindustria, Antitrust, ministeri della Giustizia e dell'Interno.

Logico che la spinta a far presto e bene arrivi proprio dagli imprenditori siciliani che prima e meglio degli altri colleghi del Sud hanno dato vita e continuano ad alimentare una primavera della legalità che non conosce fortunatamente fine. «La filosofia che impronta questi anni di battaglia – spiega Catanzaro – è quella di introdurre il discrimine a danno delle imprese che alterano la concorrenza e colludono con la mafia. Confindustria ha prima lanciato il codice etico per le imprese e il rating antimafia non è altro che la sua evoluzione scientifica, visto che introduce valori premiali per chi concorre con regole di normalità: fare ricerca, innovazione, produrre ed essere trasparenti». Come rendere operativo il rating? Anche qui la risposta è di Catanzaro: dopo l'approvazione legislativa ed un dialogo serrato con Abi e Bankitalia, dovranno arrivare precise direttive alle prefetture che, già oggi, vanno spesso oltre i semplici certificati antimafia. «Le certificazioni che rilasciano le Camere di commercio – spiega Catanzaro – sono inutili nella misura in cui danno conto solo delle sentenze passate in giudicato. Protocolli, applicazioni di diritto privato e informative antimafia, sono molto più efficaci». Ma quanto tempo passerà prima che il rating antimafia diventi realtà? «Il mio cuore e la mia testa – conclude Catanzaro – sperano che si faccia domani. I mafiosi per fare affari ci mettono un clic, vale a dire meno di un secondo. Perché il mio Paese ci dovrebbe mettere un nanosecondo in più per contrastarli?».

Marina Taglialavore, 48 anni, è presidente di Jepssen Group, società del settore hi-tech che opera ad Agira (Enna) da oltre 20 anni. È anche presidentessa del Consorzio fidi Coprofi. «La mafia è finanza, finanza e finanza – dice – ed è per questo che la proposta di un rating che si fondi sull'indice di patrimonializzazione dell'impresa e sull'andamento della attività imprenditoriali va abbracciata senza se e senza ma». L'aspetto più edificante di questa imprenditoria sana e pulita della Sicilia che Taglialavore rappresenta, è che il rating antimafia, così come il codice etico, in realtà non sono altro che tappe di un percorso virtuoso partito da tempo. Molto prima del resto d'Italia. «Pensi che siamo stati tra i primi Confidi – spiega infatti Taglialavore – ad aver stipulato un protocollo di legalità con una Prefettura. Un protocollo nato dal bisogno di affrontare e risolvere i problemi che si vivono sul territorio». Idee chiarissime anche sul rischio che imprese dal volto pulito ma dai capitali sporchi possano inceppare un ingranaggio che si annuncia delicatissimo come il rating antimafia. «È possibile e il rischio effettivamente c'è – spiega Taglialavore – ma non accadrà se ci saranno attenzioni particolari da parte del Governo e di tutte le parti in causa e la creazione di una griglia di parametri rigida. Solo così si creerà un circolo virtuoso che consentirà di affrontare anche questo rischio».

Rosario Amarù, 48 anni, imprenditore di Gela nel settore della meccanica di precisione, vicepresidente di Confindustria Caltanissetta, aggiunge altre valutazioni. La sua azienda esporta in tutto il mondo e ha cantieri in Italia e in Nord Africa. «Ciò che mi piace di questa proposta – dice – è che si colloca nel giusto contesto. L'accesso al credito è un grandissimo problema. Abbiamo imprese in sofferenza. A livello generale è deficitaria anche la valutazione del rating bancario, quantitativa e strettamente connessa ai dati di bilancio, con una limitatissima visione sulla bontà dell'impresa. Noi invece vogliamo puntare sugli asset intangibili, i brevetti, l'innovazione e via di questo passo». Amarù sottolinea un ultimo, vitale aspetto: l'effetto emulazione. «Il rating antimafia permetterebbe a tutti gli imprenditori che hanno fatto fronte comune contro la mafia – spiega – di innescare un circolo virtuoso nelle imprese che per paura, timore, tradizione o cultura non vogliono o non possono denunciare il malaffare. Gli indecisi farebbero quel salto di qualità e legalità che immetterebbe sul mercato le tante imprese virtuose del Sud. Oggi in Sicilia c'è la possibilità di contagiare positivamente il resto del Paese: è giunta l'ora di fare selezione». La parola al legislatore. Ogni nanosecondo perso sarà un vantaggio per i capitali mafiosi.

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