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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2012 alle ore 07:00.

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A sinistra Palazzo dei Normanni, sede dell'Ars, a Palermo; a destra il museo Guggenheim di BilbaoA sinistra Palazzo dei Normanni, sede dell'Ars, a Palermo; a destra il museo Guggenheim di Bilbao

Lunghi tratti di spiagge e scogliere a picco sul mare, bellezze naturali e paesaggistiche, un invidiabile patrimonio storico, artistico e culturale; istanze sociali e politiche di autonomia rispetto ai governi nazionali, più evidenti nella regione spagnola, meno radicate e diffuse nel caso siciliano. Le possibili analogie fra le due regioni europee si fermano qui.
In rapporto a quello nazionale, il Pil rappresenta circa il 5,4% nel caso della Sicilia, dove vive l'8,3% della popolazione italiana, mentre nei Paesi Baschi è il 4,6% della popolazione spagnola a offrire il 6,2% della ricchezza nazionale. Il valore dei beni e servizi prodotti per abitante ammonta in Sicilia a poco meno di 17mila euro, che salgono a circa 32mila nei Paesi Baschi. Questo dato, simile a quello del Giappone, rappresenta secondo Eurostat il 137,6% della media comunitaria (Ue 27), a fronte del più modesto 66,4% della Sicilia.

Dietro le apparenti analogie, le due aree presentano dunque notevoli differenze dal punto di vista produttivo, in grado in parte di spiegare i livelli diversi degli indicatori di sintesi. Le statistiche (stime 2010 Instituto Nacional de Estatistica e, per la Sicilia, Fondazione Res) evidenziano una diversa composizione della base produttiva: il peso dell'agricoltura, in termini di valore aggiunto sul prodotto interno lordo, è del 3,8% in Sicilia ed è ormai sceso all'1% nei Paesi Baschi; l'industria manifatturiera è al 10,8%, contro il 20,8% spagnolo (la produzione di energia al 2,1 contro il 3,4% dei baschi), le costruzioni al 5,1% contro l'8,3 spagnolo. Due annotazioni: le quote dell'agricoltura e delle costruzioni, e le loro variazioni nel tempo, sono comunemente ritenute indici di maggiore o minore modernizzazione di un sistema produttivo. In questo senso, la vocazione agricola siciliana sembrerebbe conferire un profilo più tradizionale rispetto a quella della regione spagnola; allo stesso tempo, le posizioni sembrano invertirsi se si guarda al peso delle costruzioni, relativamente prevalente in Spagna. Vocazioni a parte, è indispensabile tener conto degli elementi qualitativi che concorrono al dato di sintesi. Un'agricoltura avanzata e di elevato standard ambientale, integrata con un'efficiente industria di trasformazione, è un'importante leva di sviluppo territoriale, così come possono esserlo, su un versante diverso, edilizia e costruzioni orientate al rispetto dell'ambiente e alla riqualificazione del territorio e della sua storia, come nel caso spagnolo.

L'industria basca ha tradizione e specializzazione nella siderurgia, nei prodotti in metallo e nella meccanica, alla quale la Sicilia risponde con una concentrazione storicamente più recente nei prodotti energetici, nel chimico farmaceutico, nell'agroalimentare e in una meccanica oggi in forte crisi. Il settore dei servizi presenta una struttura del tutto diversa. Il terziario tradizionale (commercio, riparazioni, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni) ha un'identica quota del 19,9% sul Pil delle due regioni, anche se l'hosteleria basca pesa per il 5,7% contro il 2,5 siciliano; intermediazione finanziaria e servizi avanzati sembrano prevalere in Sicilia (20,1 contro 17,6%), ma sono le Altre attività (Pa, istruzione, sanità) a caratterizzare maggiormente l'economia isolana (27,8% contro il 18,2 basco) e tra queste il peso della Pubblica amministrazione risulta pressoché doppio (9,9% contro 5,2). I sistemi produttivi appena descritti sono accompagnati da indicatori sociali molto diversi: la partecipazione dei giovani e delle donne alla vita produttiva è molto più alta nella regione spagnola ed è molto ridotta la probabilità di disoccupazione a lungo termine. La spesa in ricerca per abitante nei Paesi Baschi è di 4 volte superiore e la quota di occupazione nei settori avanzati quasi doppia che in Sicilia: il declino industriale che ha accompagnato gli Altos Hornos de Vizcaya, i maggiori altiforni di Spagna, oramai chiusi dal 1994, non sembra avere influito sulle prospettive di sviluppo dell'area.

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