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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2012 alle ore 14:56.

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BRUSSELS – Una nuova polemica è emersa tra l’Unione Europea e molti dei suoi principali partner commerciali da quando la UE ha deciso di includere nel suo schema di controllo delle emissioni di CO2 tutti i voli da e per il suo territorio, compresi i voli transcontinentali. Le compagnie aeree dovranno acquisire i permessi per le emissioni di CO2 dei loro voli.
La Cina e gli Stati Uniti sono indignati. Le compagnie aeree cinesi hanno ritardato gli ordini per l’acquisto di aerei europei. L’Amministratore Delegato della Airbus, azienda leader produttrice di aeromobili, e quelli delle principali linee aeree europee hanno esortato i leader europei a prendere in mano la situazione. Si parla di una nuova guerra commerciale.
Si tratta di una disputa importante, perché è la prima vera controversia all’interno del dibattito su clima e scambi commerciali. Non sono semplicemente nuove le motivazioni e le argomentazioni, ma tanto quanto gli aspetti sostanziali contano i sospetti riguardo a secondi fini.
Può sembrare strano, ma l’ UE si considera il difensore del bene comune. Come mai un gruppo di paesi la cui quota di emissioni mondiali di CO2 è soltanto del 12% - e destinata a diminuire rapidamente - aspira a diventare capofila mondiale sul tema, nonostante l’immobilismo degli Stai Uniti e la riluttanza dei paesi emergenti ad impegnarsi verso obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni?
In parte, la posizione dell’UE riflette le preferenze dell’opinione pubblica europea. In parte, essa deriva dalla politica interna: portare avanti la sua agenda consente alla UE di calcare la mano nei confronti degli stati membri. In parte, c’è la speranza che agendo velocemente, l’Europa possa acquisire un vantaggio comparato nelle tecnologie a basse emissioni.

Dal punto di vista europeo, è difficile da accettare la reazione da parte dei partner commerciali. Dopotutto, la misura è non-discriminatoria: tutte le compagnie aeree sono trattate allo stesso modo. In sua assenza, la scelta sarebbe stata tra il porre le compagnie europee in svantaggio e l’esonerare un settore la cui quota sul totale delle emissioni di CO2 in Europa è cresciuta da 1.8% nel 1990 al 3.5% nel 2007. Chiunque riconosce che il riscaldamento globale è una minaccia reale deve prendere sul serio gli argomenti dell’UE.

I partner commerciali dell’UE offrono diversi validi argomenti. Uno di questi è che le entrate derivanti dalla vendita dei permessi per le emissioni non dovrebbero spettare all’UE per i voli che si svolgono in gran parte al di fuori dei suoi confini, anche se questa per i negoziatori sarebbe una questione relativamente semplice da risolvere.

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