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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2012 alle ore 16:23.

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In genere tendo a basarmi sulle cifre e sui concetti, non sulle sensazioni. Quando me la prendo con uno come Paul Ryan, il presidente della Commissione bilancio della Camera dei rappresentanti, metto l'accento sulla sua irresponsabilità e sulle falsità che racconta, non sulla sua palese mancanza di solidarietà verso le persone meno fortunate.

Certe volte, però, sia nel caso di Ryan che più in generale nel caso della sua tribù politica, questa mancanza di solidarietà lascia senza parole. Harold Pollack, professore di amministrazione dei servizi sociali all'Università di Chicago, recentemente ha riportato alcune dichiarazioni di Ryan rilasciate dopo la presentazione del suo ultimo piano per il bilancio dello Stato, in cui definisce le sue proposte di tagli al Medicaid [il programma di assistenza sanitaria pubblica per i più poveri], ai buoni spesa per l'acquisto di prodotti alimentari e ad altri servizi sociali «il secondo round della riforma del welfare», e in cui sostiene che gli attuali programmi sociali sono «un'amaca su cui persone in grado di lavorare si dondolano pigramente in una vita di dipendenza e compiacimento».
O. Dio. Mio.

Pollack ha scritto recentemente sul blog The Realty Based Community: «Io vivo e lavoro nel Chicago Southland [la parte meridionale dell'area metropolitana di Chicago], vicino a centinaia di migliaia di persone povere che sarebbero colpite pesantemente da misure come quelle che il deputato Ryan patrocina. Alcuni sono senza lavoro, altri si ammazzano di fatica tutti i giorni facendo lavori miseri, altri sono bambini delle elementari. Non hanno bisogno di paternali da parte di un parlamentare straviziato sulla «volontà e l'incentivo per ricavare il massimo dalla loro vita».
Tanto per cominciare se pensate che la riforma del welfare sia stata una bella cosa, andatevi a leggere il dettagliato reportage di Jason DeParle sul New York Times (intitolato «I tagli del welfare lasciano i poveri abbandonati a se stessi di fronte alla recessione») sulla disperazione di tanti americani poveri che cercano di sopravvivere in un'economia depressa, senza la protezione di una rete di sicurezza sociale ormai a brandelli. Ci vuole una smisurata incapacità di calarsi nei panni di altre persone per elogiare con tanta leggerezza i risultati della riforma del welfare in un periodo come questo.

E se si considera quanto bisogna essere disperati per richiedere i buoni spesa e l'assistenza sanitaria del Medicaid, l'idea che questi programmi possano incoraggiare «compiacimento» lascia allibiti.
Non c'è bisogno di sottolineare, poi, che nell'attuale situazione economica il fatto di essere «in grado di lavorare» non significa neanche lontanamente che un lavoro lo puoi trovare davvero, anche se lo cerchi con tutto l'impegno di questo mondo.
Dicono che Ryan sia un tipo simpatico. E magari è vero, per le persone che conosce. Ma è evidente che non ha il minimo interesse o la minima empatia verso la vita di chi è meno fortunato.

L'origine della speciosità
Non sono stato contento della decisione del presidente Obama di definire i Repubblicani «darwinisti sociali» in un discorso che ha tenuto all'inizio di questo mese: non perché giudichi la definizione sbagliata, ma perché mi domando quanti elettori coglieranno il riferimento. Quante persone sanno chi era Herbert Spencer? (Fu lui a coniare l'espressione «sopravvivenza del più forte».)
Però gli intellettuali della destra si sono infuriati, perché… beh, non è molto chiaro perché. In parte protestano perché alcuni darwinisti sociali del XIX secolo erano razzisti: ma nel XIX secolo tantissime persone erano razziste e il razzismo non è l'elemento fondamentale di questa dottrina politica.

In parte protestano perché, sostengono, i conservatori moderni non vogliono letteralmente veder morire i poveri. E allora?
Come dice Jonathan Chait, editorialista della rivista New York, la vera caratteristica dirimente del darwinismo sociale è il concetto che la disuguaglianza estrema sia qualcosa di necessario e giusto al tempo stesso. Ed è esattamente quello che professa oggi la destra; e tutto questo sdegno simulato per l'etichetta darwinista che gli ha affibbiato Obama punta a nasconderlo.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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