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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2012 alle ore 21:32.

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L’euro attende il suo verdettoL’euro attende il suo verdetto

Le banche europee operano su una gran quantità di debiti e su una scarsa dose di capitale azionistico – il buffer essenziale contro le potenziali perdite. Qualsiasi shock al debito sovrano o un’eventuale contrazione delle economie locali saranno trasmessi mediante un sistema bancario iperindebitato e sottocapitalizzato agli altri Paesi europei e probabilmente ad altre aree, inclusi gli Stati Uniti.

Infine, per quanto riguarda la disciplina prevista dal gold standard, i Paesi che vi aderivano sospendevano regolarmente la convertibilità – e quindi la valuta domestica non poteva più essere convertita liberamente in oro. Ma gli europei di oggi non hanno una valuta domestica, ma solo l’euro. Se un Paese, ad esempio la Grecia, lasciasse l’euro, tutti i contratti in quei Paesi andrebbero riscritti. L’interruzione, soprattutto dei crediti, sarebbe profonda.

Il corretto funzionamento del gold standard richiedeva un elevato grado di flessibilità nei salari e nei prezzi. Se i tassi di cambio non riuscissero a deprezzarsi, i salari e i prezzi devono subire una flessione quando un Paese incorre in un deficit insostenibile delle partite correnti. Ma, come attesta ora l’Europa periferica, si tratta di una forma difficile, dolorosa e politicamente impopolare di aggiustamento economico. C’è da aspettarsi che nei mesi e negli anni a venire aumentino i contraccolpi.

L’attenzione oggi è rivolta alla periferia europea e a quanto possa essere difficile per quest’area attuare un programma di aggiustamento e ritornare alla crescita, a causa della combinazione di elevato debito pubblico e misure di austerità reali o percepite. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: il capitale fluisce in Germania, considerato un porto sicuro regionale, rendendo il credito più facilmente reperibile in questo Paese. La dinamica del processo di aggiustamento all’interno dell’Eurozona aggrava gli squilibri interni. E intanto la Germania diventa sempre più competitiva, a differenza della periferia.

Le recenti elezioni greche hanno portato più partiti radicali al foro. Alexis Tsipras, il capo della Coalizione della sinistra radicale fa una corretta osservazione: la svalutazione interna – tagliando salari e prezzi – sta fallendo come strategia. La sua alternativa sembra essere quella di abbandonare l’euro. Se la Grecia non riuscirà a fare meglio di così, sostiene, allora dovrebbe abbandonare.

Ma tutto ciò non riguarda più solo la Grecia. Anche l’Italia, la Spagna, il Portogallo e persino l’Irlanda stanno affrontando le stesse problematiche, ma sono solo all’inizio del colpo di coda. La disoccupazione sta crescendo, le loro economie non stanno acquisendo competitività e i tassi di interesse sul debito continuano a salire. Questi Paesi potrebbero alla fine decidere di lasciare l’euro. E, anche se non facessero questa scelta, il solo timore di questi abbandoni potrebbe facilmente rivelarsi profetico.

Il sistema euro è stato progettato per garantire prosperità e stabilità ad ogni Paese. Ha sicuramente mancato l’obiettivo per alcuni Paesi, e potrebbe fallire per molti altri. Il malgoverno dei politici europei ha causato danni che dureranno per decenni.

Forse un’unione fiscale più solida, un ministero centrale delle finanze e la condivisione del debito potrebbero ridurre le difficoltà e gli squilibri al punto tale da consentire all’euro di sopravvivere. Forse l’aggiustamento inizierà a funzionare appena in tempo.

Si sente rumoreggiare nella camera di consiglio. A breve il verdetto.

Traduzione di Simona Polverino

Peter Boone, presidente di Effective Intervention presso il Center for Economic Performance della London School of Economics, è uno dei responsabili di Salute Capital Management Ltd. Simon Johnson, ex capo economist del Fmi, è cofondatore di uno dei più importanti blog di economia, http://BaselineScenario.com, docente del MIT Sloan, senior fellow del Peterson Institute for International Economics e coautore, insieme a James Kwak, di White House Burning: The Founding Fathers, Our National Debt, and Why It Matters to You.

Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.org

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