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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2012 alle ore 12:22.
La democrazia non è una panacea, ma i regimi non democratici solitamente perseguono politiche economiche peggiori rispetto ai governi democratici. I primi si avvalgono di regole predatorie e imprevedibili che danno vita a un ambiente economico negativo.
Un altro pericolo è la pesante tassazione. Le tasse ufficiali sono elevate quanto la spesa è elevata. Quando la spesa è elevata, è solitamente la spesa sociale la più bersagliata, quindi solo una piccola parte di poveri ne trae reale beneficio. Inoltre, alla tassazione ufficiale vanno aggiunte le tangenti. La maggior parte delle imprese è così colpita da una pesante tassazione di vario genere – talmente pesante che l’economia non riesce a crescere, come nel caso dell’Ucraina.
Inoltre, la tutela ineguale dei diritti di proprietà – il capitalismo clientelare – implica che un piccolo numero di uomini d’affari è politicamente avvantaggiato. Pagano meno tasse e i loro competitor sono soggetti a raid da parte delle autorità. Dal momento che lo Stato usa il proprio sistema per scoraggiare la concorrenza – sia in modo informale, mediante l’applicazione arbitraria dei diritti di proprietà, sia in modo formale, mediante restrizioni commerciali – il capitalismo clientelare non è solo ingiusto, ma anche inefficiente. I singoli uomini d’affari ce la fanno, ma l’economia no. Senza concorrenza, il capitalismo funziona solo leggermente meglio rispetto a quanto non abbia fatto il socialismo.
Un ingrediente chiave del successo registrato dalla Polonia negli ultimi 20 anni è stata la netta separazione, sin dall’inizio della transizione post-comunista, tra politica e imprenditoria. C’erano regole uniformi e uguale protezione per tutti. La Polonia ha introdotto una massiccia concorrenza smantellando i monopoli e aprendo la propria economia al mondo.
Inoltre, la Polonia ha evitato i boom estremi e le profonde recessioni che seguono. La maggior parte dei boom è il risultato delle errate politiche monetarie e fiscali. Questo vale ad esempio per la recente sequenza di boom-bust avvenuta in Spagna, Irlanda, Stati Uniti, Regno Unito, Bulgaria e Paesi Baltici, tra gli altri. Anche in Ucraina, una forte fase di espansione nel 2004-2007 è stata seguita da una contrazione quasi pari al 15% del Pil nel 2009 – un risultato diretto delle politiche domestiche.
I dati relativi all’Ucraina degli ultimi 20 anni dimostrano che non basta abolire il socialismo. La vera sfida è costruire un capitalismo basato sulle regole e sul mercato libero. E per farlo, una società civile energica deve chiedere di mettere fine al capitalismo clientelare. I cittadini dell’Ucraina possono decidere se assomigliare ai vicini dell’Europa centrale o consentire alle numerose distorsioni economiche dovute alle pessime politiche di persistere, nel quale caso resteranno indietro.
Traduzione di Simona Polverino
Leszek Balcerowicz, ex vice primo ministro e ministro delle finanze polacco ed ex presidente della Banca nazionale della Polonia, è attualmente professore di economia alla Scuola di economia di Varsavia.
Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.org
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