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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2012 alle ore 17:00.

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Ma noi –o almeno io- ho previsto diverse parti significative degli ultimi quattro anni in maniera sbagliata. Tre cose mi hanno sorpreso (e ancora mi sorprendono). La prima è l’incapacità delle banche centrali di adottare regole come la fissazione di obiettivi per il PIL nominale o un suo equivalente. In secondo luogo, mi aspettavo che nell’Atlantico settentrionale vi fosse una caduta dell’inflazione salariale anche maggiore di quanto non sia stata - verso, se on fino a, lo zero. Infine, la curva dei rendimenti non si è impennata bruscamente per gli Stati Uniti: i tassi dei fondi federali a zero me li aspettavo, ma non mi aspettavo i titoli del tesoro statunitensi a 30 anni ad un tasso nominale del 2.7%.

Il fallimento delle banche centrali di porre obiettivi per la crescita del PIL mi rimane incomprensibile, e non scriverò a questo proposito fintanto che non penso di averne capito le ragioni. Per quanto riguarda i salari, anche con un terzo della forza lavoro americana che cambia posto di lavoro ogni anno, i fattori sociologici ed i legami delle relazioni umane sembrano esercitare un’influenza sul livello ed il tasso di variazione – a scapito dell’equilibrio di offerta e domanda - ancora più forte di quanto mi sarei aspettato.

La terza sorpresa, tuttavia, può essere la più interessante. Già nel marzo 2009, il premio Nobel Robert Lucas ha fiduciosamente previsto che l’economia statunitense sarebbe tornata alla normalità entro tre anni. Una normale economia statunitense ha un tasso di interesse nominale a breve termine del 4%. Poiché i tassi dei titoli del tesoro americani a 10 anni hanno la tendenza ad essere un punto percentuale sopra la media dei futuri tassi di interesse attesi a breve termine del prossimo decennio, anche la previsione di cinque anni di depressione profonda e tassi di interesse a breve termine prossimi allo zero non dovrebbero spingere i tassi del tesoro americani a 10 anni sotto il 3%.

In effetti, le fluttuazioni dei tassi del tesoro sono state per lo più tra il 3% ed il 3.5% dalla fine del 2008 alla metà del 2011. Ma, a luglio del 2011, il tasso dei titoli del tesoro americani a 10 anni è crollato a 2% e, a metà giugno, era a 1.5%. Di regola i mercati adesso dovrebbero aspettarsi 8.75 anni di tassi di interesse a breve termine prossimi allo zero prima che l’economia torni a livelli normali. E calcoli simili per le obbligazioni del tesoro a trent’anni mostrano aspettative anche più lunghe ed anomale circa una depressione continuata.

Le possibili conclusioni sono forti. Una possibilità è che coloro che investono nei mercati finanziari si aspettino che la politica economica sia talmente disfunzionale da far rimanere l’economia mondiale più o meno nello stesso stato di depressione attuale per forse una decade, o più. La sola altra spiegazione è che persino ora, più di tre anni dopo lo scoppio della crisi finanziaria statunitense, l’abilità dei mercati finanziari di dare un prezzo in modo sensato ai rischi relativi ed ai rendimenti si è rotta in modo profondo, lasciandoli incapaci di fare il proprio lavoro: sopportare e gestire il rischio per incanalare i risparmi verso le iniziative imprenditoriali.

Nessuna delle due alternative è qualcosa che io avrei predetto – o perfino immaginato.

J. Bradford DeLong, ex vicesegretario del Tesoro degli Stati Uniti, è Professore di Economia presso l’Università della California a Berkeley ed è ricercatore associato presso il Dipartimento Nazionale per la Ricerca Economica.

Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.org

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