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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2012 alle ore 13:22.

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HONG KONG – Circa vent’anni fa, la Banca Mondiale ha pubblicato uno studio di riferimento, , nel quale analizzava il motivo per cui le economie asiatiche crescevano più rapidamente dei mercati emergenti in America latina, Africa e in qualsiasi altro posto. In base alle conclusioni della ricerca, queste economie sono riuscite ad ottenere dei tassi di interesse elevati implementando correttamente i principi basilari, promuovendo gli investimenti, curando il capitale umano e aprendosi alle esportazioni manifatturiere.

Ma non è tutto. La Banca Mondiale ha poi confermato, a malincuore, l’intervento dei governi, in modo sistematico e attraverso diversi canali, mirato ad incentivare lo sviluppo anche in industrie specifiche in determinate località tramite aiuti finanziari, sgravi fiscali e repressione finanziaria.

Nel corso degli anni di interventismo economico, in particolar modo a seguito della crisi finanziaria asiatica, il Consenso di Washington, che sosteneva il mercato ed era contro qualsiasi tipo di intervento, perse sostegno. Prese invece piede la Nuova economia istituzionale (New Institutional Economics - NIE) che riempì il vuoto lasciato dalle principali teorie che avevano ignorato l’importanza fondamentale delle istituzioni nella gestione dei cambiamenti e dell’incertezza; entrambi fattori che hanno una forte influenza sullo stanziamento delle risorse e delle scelte sociali. In effetti, alla luce della Grande Recessione e dell’attuale crisi del debito europeo, il quesito fondamentale sul ruolo dello stato nella promozione della crescita e dello sviluppo rimane.

Il crollo dell’economia pianificata del blocco sovietico ha senza dubbio alimentato l’arroganza del mercato libero e la comprensione dell’importanza delle istituzioni. Ma la capacità della Cina di sostenere una crescita economica rapida in trent’anni ha poi determinato la necessità di rivedere il capitalismo statalista.

Douglass North, Premio Nobel in economia, ha sostenuto sin dall’inizio che la società umana avesse creato le istituzioni per gestire l’informazione asimmetrica, ma che tale creazione avesse da subito sollevato il problema di come costringere le istituzioni stesse a soddisfare gli obiettivi prefissati. Nel 2000, Oliver E. Williamson individuò quattro livelli di analisi sociale relativi alle istituzioni: le istituzioni informali, ovvero usi, tradizioni, norme e religioni; le istituzioni formali, ovvero norme sui diritti di proprietà, ordine sociale, la magistratura e la burocrazia; strutture di governance ed il loro allineamento con l’economizzazione dei costi di transazione, ed il processo decisionale decentralizzato sullo stanziamento delle risorse (teoria economica neoclassica).

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