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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2012 alle ore 18:35.

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La questione centrale sono le tasse. Se gli investimenti pubblici fossero incrementati senza alcun aumento delle tasse, i tagli al budget richiesti da qualche altra parte per evitare la crescita insostenibile del debito sarebbero senza dubbio ampi.

La sfida più difficile riguarda la comprensività – come devono essere distribuiti i benefici della crescita. Si tratta di una sfida di lunga data, soprattutto negli Stati Uniti, che risale a due decenni prima della crisi; lasciata irrisolta, ora minaccia la coesione sociale.

La crescita dei redditi per la classe media nella maggior parte dei Paesi avanzati è stagnante e le opportunità di occupazione sono in declino, soprattutto nella parte tradable dell’economia. La percentuale di reddito destinata al capitale è in aumento, a scapito del lavoro. In particolare negli Usa l’occupazione viene creata in modo sproporzionato nel settore non-tradable.

Questi trend riflettono l’azione delle forze del mercato tecnologico e globale in gioco negli ultimi due decenni. Sul fronte tecnologico le innovazioni a risparmio di manodopera nell’elaborazione di dati basati sulla rete e nell’automazione delle transazioni hanno contribuito a far nascere un dissenso tra la crescita e la generazione di occupazione sia nel settore tradable che in quello non-tradable.

Nella parte tradable delle economie avanzate, l’automazione nel manifatturiero – inclusa l’espansione delle capacità robotiche e la stampa 3D – è collegata all’integrazione di milioni di nuovi soggetti che entrano nelle reti di fornitura globale in rapida evoluzione per limitare la crescita dell’occupazione. La crescente abilità delle multinazionali di decomporre tali reti globali per funzione e area geografica, e di reintegrarle a costi di transazione sempre più bassi, rimuove ogni forma di protezione del mercato del lavoro che solitamente proveniva dalla concorrenza locale per i lavoratori.

Questa sfida è particolarmente difficile, perché la politica economica non si concentrata in primo luogo sui trend avversi di distribuzione derivanti dallo spostamento degli impatti sul mercato globale. Eppure le distribuzioni dei redditi tra le economie avanzate, presumibilmente soggette a simili forze del mercato tecnologico e globale, sono di fatto sorprendentemente differenti, il che suggerisce come una combinazione di politiche sociali e norme sociali divergenti abbiano davvero un impatto distributivo. Sebbene la teoria della tassazione ottimale dei redditi consideri direttamente gli scambi tra incentivi di efficienza e conseguenze distributive, un adeguato equilibrio resta molto lontano.

Un bilancio statale sano potrebbe essere d’aiuto, perché parte del reddito che fluisce nel capitale andrebbe allo stato. Ma, fatta eccezione per la Cina, le posizioni fiscali di tutto il mondo sono attualmente deboli.

Di conseguenza, il deleveraging resta una chiara priorità in una serie di Paesi, riducendo la crescita, con le contromisure fiscali limitate dal debito pubblico e dai deficit elevati e in aumento. Finora vi sono scarse prove di volontà da parte di politici, policymaker e forse dei cittadini di ridurre ulteriormente gli attuali consumi mediante la tassazione con l’obiettivo di creare spazio per gli investimenti orientati alla crescita.

Sotto la pressione fiscale la situazione opposta è più probabile. Negli Usa alcune misure pratiche che trattano la sfida distributiva sembrano rientrare nell’agenda elettorale di uno dei principali partiti, sebbene i fatti affermino il contrario.

Nella misura in cui questo vale per altre economie avanzate, l’economia globale deve affrontare diversi anni di lenta crescita, con un rischio negativo residuo derivante dall’impasse politica e dagli errori commessi in Europa, negli Usa e in altre aree. Questo scenario implica una crescita più lenta, probabilmente più lenta di 1-1,5 punti percentuali, nei Paesi in via di sviluppo, inclusa la Cina, ancora una volta con prevalenza di rischio negativo.
Traduzione di Simona Polverino

Michael Spence, premio Nobel in economia, è docente di economia alla Stern School of Business della New York University e Senior Fellow della Hoover Institution. Il suo ultimo libro si intitola La convergenza inevitabile. Una via globale per uscire dalla crisi (The Next Convergence – The Future of Economic Growth in a Multispeed World –).

Copyright: Project Syndicate, 2012.

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