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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2012 alle ore 19:17.

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WASHINGTON, DC - Il partito repubblicano americano ha argomenti potenzialmente convincenti per le elezioni presidenziali del prossimo novembre. Gli americani sono da sempre scettici nei confronti dello Stato, essendo per tradizione resistenti all'ingerenza governativa sin dai tempi della nascita del Paese. Questa tradizione ha trasmesso ai cittadini di oggi un senso di rifiuto per i finanziamenti pubblici e un'avversione culturale alla "dipendenza" dallo Stato.

Tuttavia, il candidato repubblicano Mitt Romney e gli altri esponenti del suo partito si sono giocati questa carta molto male. Romney sembra affascinato dall’idea che molti americani, il cosiddetto 47%, non paghino la tassa federale sul reddito, e pensa che considerino se stessi delle "vittime" e siano diventati "dipendenti" dal governo.

Questo modo di pensare, però, non coglie due aspetti evidenti. In primo luogo, gran parte del 47% di cui sopra paga fior di tasse sui propri guadagni, sulle proprietà, e sui beni acquistati. Inoltre, questi contribuenti lavorano sodo per guadagnarsi da vivere in un paese in cui il reddito familiare medio è sceso a un livello che non si registrava dalla metà degli anni ‘90.

In secondo luogo, nell'America attuale le sovvenzioni davvero importanti confluiscono verso una ristretta cerchia della sua élite finanziaria, ovvero i pochi privilegiati che si occupano delle più grandi società di Wall Street.

Vista in una prospettiva storica più ampia, questa non è una situazione insolita. Nella loro recente e acclamata storia dell'economia, , Daron Acemoglu e James Robinson citano molti casi del passato e del presente, in cui individui potenti arrivano a controllare lo Stato e sfruttano questo potere per arricchirsi.

In molte società pre-industriali, ad esempio, il controllo dello Stato era il modo migliore per garantire la ricchezza. E in molti paesi in via di sviluppo, ricchi di risorse naturali, lottare per acquisire il controllo sullo Stato si è rivelata una strategia molto popolare. (Io stesso ho lavorato con Acemoglu e Robinson su temi correlati, pur non avendo preso parte alla stesura del libro).

In gran parte del mondo, il meccanismo tradizionale teso alla conquista di uno Stato è la violenza. Questo, però, non è il caso degli Stati Uniti dove, fra l’altro, non si può neppure parlare di funzionari governativi palesemente corrotti, tranne per alcune eccezioni importanti.

Al contrario, le lobby fanno a gara per avere un’influenza, sostenendo campagne elettorali e attraverso altre forme di donazione. Inoltre, esse portano avanti campagne mediatiche vaste e sofisticate, tese a convincere i politici e l'opinione pubblica che ciò che è buono per il loro interesse particolare è un bene anche per il Paese.

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