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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2012 alle ore 18:01.

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CAMBRIDGE – Il recente allontanamento dell’India dalle grazie macroeconomiche è dettato da una dolorosa serie di eventi. Dopo numerosi anni di performance positive, la crescita del Pil ha registrato un brusco calo. L’output annuale crescerà con tutta probabilità meno del 5% quest’anno, in ribasso dal 6,8% del 2011 e dal 10,1% del 2010.

Le riforme si sono bloccate nel mezzo di una profonda paralisi politica. Tutte le principali economie emergenti stanno affrontando un indebolimento della domanda esterna, ma la congiuntura dell’India è stata inasprita da un calo degli investimenti che riflette una più profonda mancanza di direzione ufficiale e fiducia delle imprese. Anche le di un miglioramento modesto nel 2013 si basano sulla capacità del governo di dare vita a una gran quantità di riforme economiche in stallo.

Il recente torpore dell’India ha consolidato un notevole cambiamento di opinioni. Solo un paio d’anni fa l’India si guadagnava la reputazione di posto ideale per investire. I capi di stato hanno fatto carte false per incontrare i leader imprenditoriali a Mumbai, con la speranza di spianare la strada a una significativa espansione del commercio e degli investimenti. Ora il loro interesse è svanito, insieme ai numeri macroeconomici.

Ma i cambiamenti attualmente in corso potrebbero invertire la rotta. L’ottuagenario primo ministro indiano Manmohan Singh si è recentemente reso conto della disperata necessità di un nuovo impulso. Gli economisti di tutto il mondo hanno preso nota dell’arrivo di come capo economista nel ministero delle finanze. Rajan è una superstar tra i ricercatori accademici, un brillante scrittore di economia politica, nonché ex capo economista del Fmi. Ma è tutt’altro che ovvio il fatto che Sonia Gandhi, presidente del Congresso nazionale indiano e politico più potente del Paese, condivida il programma di riforme di Singh.

Vero è che si sta verificando un rimpasto del governo per promuovere ministri più giovani. Ma il processo punta a una prosecuzione della tradizione laddove gran parte dei ministri vengano nominati sulla base della loro fedeltà alla famiglia Gandhi piuttosto che per meriti e successi.

Sfortunatamente, per un paese povero come l’India, solo una crescita rapida e prolungata può portare vantaggi durevoli in termini di sviluppo. Il tasso di povertà dell’India (un indicatore palesemente difficile da misurare sia a livello concettuale che pratico) si è dimezzato tra il 1981 e il 2010, passando a meno del 30%, un risultato notevole. Ma l’Asia orientale in rapida crescita ha registrato un progresso nettamente maggiore, con un tasso di povertà in calo dal 77% al 14% nello stesso periodo.

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