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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2012 alle ore 16:02.

PECHINO – I dati ufficiali più recenti indicano chiaramente che l’economia cinese è in affanno, e secondo le previsioni la crescita annua del Pil raggiungerà all’incirca il . Questo risultato non sorprende.
Per frenare l’aumento dei prezzi delle case e prevenire l’impatto inflazionistico delle politiche fiscali e monetarie fortemente espansive attuate durante la crisi finanziaria globale, le autorità monetarie cinesi hanno iniziato a inasprire le condizioni finanziarie nel gennaio del 2010.
La stretta finanziaria, le misure amministrative introdotte da vari governi locali per contenere il rialzo del mercato immobiliare e l’effetto declino del pacchetto governativo di stimolo da 4mila miliardi di yen (642,3 miliardi di dollari) si sono trasformati in un graduale rallentamento economico. Mentre l’inflazione avrebbe dovuto attenuarsi all’inizio del 2011, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari e delle materie prime ha superato le aspettative. La crescita annua dell’indice dei prezzi al consumo ha raggiunto un picco del .
La vigorosa stretta di liquidità alla fine ha mitigato la pressione inflazionistica, pur impendendo al contempo la crescita economica, che dopo aver toccato il picco del 12,8% nel primo trimestre del 2010 ha registrato un costante rallentamento. Nell’ultimo trimestre del 2011 , scatenando un’ondata di malcontento rispetto all’economia cinese tra gli esperti esteri.
La maggior parte degli economisti cinesi, invece, era meno pessimista, e si aspettava che la crescita si sarebbe stabilizzata all’8% nel 2012. Sinora, tuttavia, le performance economiche sono state deludenti, a causa di tre fattori. L’impatto del rallentamento negli investimenti immobiliari sull’economia è stato più forte delle attese, come è accaduto per la crisi di debito dell’Europa. E malgrado la People’s Bank of China (Pboc) abbia ridotto il coefficiente di riserva nel novembre del 2011 e siano stati attivati alcuni incentivi fiscali, il governo si è ben guardato dall’attuare politiche economiche più espansive per incentivare la crescita.
Nell’ultimo trimestre del 2012 il tanto atteso rebound di crescita si è finalmente materializzato. Io stesso non ho mai dubitato del contrario. Dopo tutto, il tasso di crescita potenziale della Cina si aggira attorno all’8%. Inoltre, la posizione fiscale cinese resta forte: anche dopo aver giustificato tutti i tipi di debiti contingenti – come i prestiti dei governi locali, gli ampi finanziamenti project loans e i prestiti non-performing loans delle banche commerciali in caso di crollo del mercato immobiliare, il rapporto debito pubblico/Pil della Cina resta inferiore al 60%. Infine, la Pboc vanta tuttora un ampio margine per ridurre il coefficiente di riserva e il tasso di interesse benchmark, che si attestano rispettivamente al 20% e al 6% (per finanziamenti di un anno), senza il timore di alimentare l’inflazione.
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