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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2012 alle ore 20:33.

MONACO DI BAVIERA – La Banca centrale europea è riuscita a calmare i mercati con la promessa di un acquisto illimitato di titoli dei governi dell'eurozona, rassicurando così gli obbligazionisti che, se necessario, i contribuenti e i pensionati dei Paesi europei ancora stabili si sarebbero accollati l'onere del rimborso. Sebbene la Bce non abbia specificato come avverrà tale operazione, il suo impegno ha stimolato l'appetito degli investitori, ha ridotto gli spread sui tassi d'interesse nella zona euro, e ha permesso di limitare il finanziamento delle economie colpite dalla crisi attraverso la stampa di moneta (credito Target).
Questa tregua offre l'occasione ideale per promuovere delle riforme. Il primo ministro greco Antonis Samaras deve convincere i suoi connazionali che è seriamente intenzionato a procedere in tal senso. D'altro canto, il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy e il ministro delle finanze portoghese Vitor Gaspar meritano un maggiore sostegno per i rispettivi piani. Sul fronte italiano, infine, si può solo sperare che Mario Monti, presidente del consiglio del governo di transizione, concorra alle prossime elezioni. Questi leader sono tutti consapevoli di ciò che va fatto.
D'altro canto, la Francia non sembra aver prestato attenzione alla scritta sul muro. Il suo presidente, François Hollande, vuole risolvere i problemi del Paese a colpi di programmi di crescita. Ma quando i politici dicono "crescita", in realtà intendono "prestito", e questa è l'ultima cosa di cui la Francia ha bisogno.
Il della Francia è già al 90%, e anche se il suo deficit di bilancio non supererà il 3,5% del Pil nel 2013, si prevede che il rapporto debito/Pil raggiungerà il 93% entro la fine dell'anno. La quota di spesa governativa sul Pil, pari al 56%, è la più alta dell'eurozona ed è al secondo posto nella classifica dei Paesi sviluppati.
Non sono solo attori cinematografici come Gérard Depardieu a lasciare il Paese per via dell'elevata tassazione, anche l'industria è in fuga. Le case produttrici di automobili francesi, un tempo fiere protagoniste dell'economia del Paese, oggi lottano per la sopravvivenza.
In effetti, l'industria manifatturiera della Francia rappresenta ormai appena il 9% del Pil, un valore inferiore alla quota produttiva della Gran Bretagna (10%) e pari a meno della metà di quella della Germania (20%). Il saldo delle partite correnti del Paese sta registrando un disavanzo sempre più profondo. La disoccupazione, poi, ha raggiunto livelli record.
Il problema di fondo della Francia, come quello dei Paesi più colpiti dalla crisi, è che l'ondata di credito a buon mercato, favorita dall'introduzione dell'euro, ha alimentato una bolla inflazionistica che l'ha privata della sua competitività. La Goldman Sachs ha calcolato che la Francia dovrà ridurre le spese del 20% se vorrà mantenere la sua capacità di servizio del debito a livelli sostenibili.
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