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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2013 alle ore 18:54.

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Ciò nonostante, da allora la crescita della domanda cinese è rallentata mentre le condizioni dei partner commerciali europei della Germania sono peggiorate.

Le politiche di austerità fiscale nei paesi periferici hanno comportato infatti un taglio delle importazioni, pertanto anche gli stati che esportano verso i paesi periferici si trovano a loro volta a dover ridurre le loro importazioni, e così via. Questo moltiplicatore commerciale sta comportando un trascinamento verso il basso reciproco delle economie europee, mentre il resto del mondo ne sta subendo le conseguenze.
Le prospettive al ribasso per l’economia olandese sono altrettanto allarmanti. I Paesi Bassi si trovano al secondo posto, subito dopo la Germania, in termini di volume di credito elargito ai paesi periferici dell’eurozona tramite il sistema Target 2, ed è inoltre il più grande creditore in termini pro capite.

Gli economisti continuano a prospettarci un ripristino della crescita a partire dalla seconda metà del 2013. Ma i precedenti della pianificazione di questa ripresa sono stati finora scoraggianti. Nel suo libro The Signal and the Noise, Nate Silver, statistico americano, sostiene che le previsioni degli economisti rispetto a contesti che non hanno mai affrontato in precedenza sono meno credibili. Ed è questo il caso.
Nell’aprile del 2010, il rapporto World Economic Outlook stilato dal Fondo Monetario Internazionale aveva prospettato una crescita annuale del PIL della Germania e dei Paesi Bassi pari all’1,8% nel 2013. Ad ottobre dell’anno scorso, il Fondo ha abbassato le sue previsioni per la crescita della Germania nel 2013 allo 0,9% e allo 0,4% per i Paesi Bassi. E, solo due mesi dopo, le banche centrali di entrambi i paesi hanno indicato che persino queste aspettative ridotte sono troppo ottimistiche.

Chi può dire quindi se la seconda metà del 2013 porterà più speranza e positività?
Il procedimento di gestione della crisi europea è stato fondato sul principio di Rossella O’Hara domani è un altro giorno. Pur sapendo che posponendo le decisioni difficili si finisce solo per aggravare il problema, si pensa comunque, probabilmente, che ci sarà sempre una linea ferma di difesa. Ma ciò potrebbe tuttavia cambiare.

La terza fase della crisi dell’eurozona arriverà quando la forza dell’economia dei paesi chiave dell’eurozona verrà messa in dubbio.I dubbi sulle economie forti dell’eurozona indeboliscono infatti la credibilità della rete di sicurezza che ha finora sostenuto i paesi periferici europei.
La soluzione della crisi dell’eurozona tramite la Germania è sempre stata incerta da un punto di vista politico, ma potrebbe presto diventare anche economicamente insostenibile.

Traduzione di Marzia Pecorari
Ashoka Mody, ex capo missione del Fondo Monetario Internazionale per la Germania e l’Irlanda, è attualmente professore universitario di politica economica internazionale presso la Woodrow Wilson School of Public and International Affairs della Princeton University.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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