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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2013 alle ore 17:20.

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Comprensibilmente concentrati a risanare i bilanci, i consumatori americani non hanno abboccato alle politiche monetarie e fiscali, anzi hanno tagliato sulle spese. Gli utili nella hanno evidenziato una media di appena 0,8% negli ultimi cinque anni – la contrazione più grave e prolungata mai registrata nel secondo dopoguerra in relazione alla crescita della domanda al consumo.

La forza bruta dei massicci stimoli monetari e fiscali come rimedio ciclico a questo problema. Serve un altro approccio.

Il focus, invece, dovrebbe essere quello di accelerare il processo di risanamento dei bilanci, cercando di ripristinare le leve monetarie e fiscali a livelli normali. La cancellazione dei mutui underwater (dove il saldo del debito supera l’attuale valore di mercato della casa), nonché la riduzione dei pignoramenti di 1,5 milioni di case devono essere parte della soluzione. In che altro modo il mercato immobiliare colpito dalla crisi può risanare i mutui dei restanti proprietari americani?

Vale lo stesso per l’aumento degli incentivi volti al risparmio, che contribuisce a una sicurezza finanziaria nel lungo termine per le famiglie americane, molte delle quali hanno sofferto massicce perdite di ricchezza nella Grande Recessione. Devono altresì rientrare nella soluzione anche l’ampliamento dei conti pensionistici individuali e degli schemi pensionistici 401K, speciali incentivi per le famiglie a basso reddito (molte delle quali senza piani pensionistici) e la fine della repressione finanziaria che la politica dei tassi di interesse a zero attuata dalla Fed impone sui risparmiatori.

Certo, si tratta di politiche controverse. La cancellazione del debito aumenta gli spinosi timori etici legati al perdonare il comportamento incurante e irresponsabile. Ma convertire i mutui underwater non-recourse, dove solo la casa è a rischio, in cosiddetti recourse liabilities, per i quali i mancati pagamenti avrebbero conseguenze per tutti i beni del mutuatario, potrebbe affrontare questo timore e al contempo attenuare la cultura americana dell’indebitamento con un maggiore senso di responsabilità.

Anche il tempismo fa la sua parte, soprattutto in riferimento agli incentivi volti al risparmio. Per evitare un calo della domanda aggregata che potrebbe derivare da un brusco aumento dei risparmi, tali misure dovrebbero essere distribuite in un periodo di 3-5 anni.

Il principale vantaggio di queste proposte è che sono più strategiche che tattiche – più in linea con i problemi di bilancio che ora attanagliano l’economia. Come tipico sistema di laissez-faire, gli Usa da troppo tempo delegano la strategia alla mano invisibile del mercato, lasciando il governo bloccato in un approccio reattivo e spesso fuorviante ai problemi inattesi.

Di conseguenza, la Fed è incentrata a rimettere le cose a posto dopo la crisi invece che pensare a come evitarne un’altra. Lo stesso vale per la politica fiscale americana, con un dibattito trascinato dagli eventi che ora ha orizzonti temporali ancora più brevi: fiscal cliff il 1 gennaio, confisca della spesa il 1 marzo, continuing budget resolution in scadenza il 27 marzo e il nuovo termine sul tetto del debito rinviato al 18 maggio. Un mercato obbligazionista compiacente, che potrebbe essere proprio la prossima bolla, viene erroneamente considerato come l’ultima conferma di questo miope approccio.

I pericoli per l’assenza di una strategia americana e la relativa propensione a cercare soluzioni a breve termine sono sempre più evidenti. Il professore della Harvard Business School Michael Porter in un articolo del 1996 nel Harvard Business Review. Trattava il processo decisionale societario e gli incentivi non allineati che hanno portato a una terribile dicotomia tra la tattica di breve termine di efficacia operativa (taglio dei costi, outsourcing e processo di reengineering) e scommesse velleitarie di lungo termine che esprimono strategie di successo.

Anche se la critica di Porter era diretta ai manager aziendali, riguarda in modo critico l’attuale dibattito politico americano. Un’efficace strategia nel lungo periodo non può essere vista come una sequela di soluzioni a breve termine.

Il dibattito interno alla FOMC rappresenta il reale riconoscimento che la banca centrale possa mettersi in guai ben più seri dedicandosi a politiche fuorvianti tese al problema sbagliato. Un dibattito comparabile imperversa sulla politica fiscale. Alla fine riuscirà l’America ad affrontare i pericoli dettati dall’assenza di strategia?

Traduzione di Simona Polverino

Stephen S. Roach, membro della facoltà di Yale ed ex presidente non esecutivo di Morgan Stanley Asia, è autore di The Next Asia.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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